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Green pass, i trans sono contrari. Per una questione di …sesso

by Adolfo Spezzaferro
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Roma, 29 lug – Trans contrari al green pass, per una questione di… sesso. “Lungi da me ogni vicinanza con i no vax, ma per come è stato pensato abbiamo un problema. Le persone transgender dovranno mostrare un Qr code che rimanderà alle informazioni anagrafiche, cosa che causa molto disagio“. Il motivo? Rivela il sesso di nascita. A farlo presente è Christian Cristalli, presidente e cofondatore di Gruppo trans Bologna.

Trans contro il green pass: “Rivela il sesso di nascita”

Un nodo cruciale, secondo il gruppo in questione, quello delle informazioni del sesso di origine contenute nel green pass, il passaporto sanitario obbligatorio per accedere a gran parte delle attività sociali. La questione è stata discussa ieri durante una commissione consigliare del Comune di Bologna, su richiesta dei consiglieri di Coalizione civica Emily Clancy (“avvocata” specializzata in diritti Lgbtiq e in anti-discriminazione) e Federico Martelloni (già nel Chapas con gli zapatisti e a Genova al G8 del 2001).

“Italia poco Lgbtq friendly”

“Il Green pass rivelerà il dato anagrafico in tutti i luoghi in cui sarà richiesta la certificazione”, sottolinea Cristalli. “Dobbiamo lavorare in sinergia con istituzioni e associazioni, per creare ambienti e misure inclusive. Vorrei ricordare che il nostro Paese, stando ai dati forniti da Ilga (l’associazione internazionale lesbiche, gay, bisex, trans e intersex, ndr) recentemente ha subito uno scivolone nella classifica di quelli considerati friendly“, fa presente.

“Chi controlla il green pass potrebbe pronunciare il nome ad alta voce”

Come sottolinea il blog Progetto gender queer, il problema del certificato verde è come “verrà gestita la privacy in un mondo che non tiene conto delle persone transgender e non binarie. Ci ritroveremo in contesti con persone a cui non abbiamo voluto dire il nostro nome anagrafico (perché dirlo ha sempre ricadute emotive su di te e sull’altra persona, mai davvero annullabili) e “chi gestirà questi dati potrebbe pronunciare il nome ad alta voce, ad esempio, magari anche per la sorpresa che sia quello il tuo nome, senza sapere esattamente se sei una persona transgender o non binaria, e prendendola sul ridere”. Anche se in verità qui i toni sono più piagnoni che autoironici.

Il problema dei seggi elettorali

Ma non finisce qua. Durante la commissione si è sollevato poi un altro grande problema che riguarda i seggi elettorali, dove i trans devono scegliere se votare come maschi o come femmine. “Ogni volta che c’è un’elezione, soprattutto negli ultimi anni, bisogna verbalizzare con chi presiede i seggi la necessità che la fila per il voto non sia divisa in uomini e donne, ma per lettera del cognome. Ciò dà la possibilità alle persone transgender di affrontare con serenità il voto”, spiega la Clancy. “La divisione per lettera del cognome – prosegue – avviene già in alcuni Comuni della nostra provincia. Questa misura permetterebbe l’esercizio del diritto fondamentale del voto alle persone transgender, senza che subiscano pressioni psicologiche o discriminazioni”, all’interno dei seggi elettorali.

Adolfo Spezzaferro

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