Roma, 7 ott — Il green pass ostacola l’agricoltura: l’imposizione del passaporto vaccinale, che diventerà obbligatorio dal 15 ottobre per tutti i lavoratori, rende difficile, se non impossibile, il reclutamento dei braccianti.
Molti braccianti stranieri non hanno il green pass
Si tratta, per 8 lavoratori su 10, di stranieri, restii a vaccinarsi contro il Covid e ancor più restii ad accettare l’obbligo di green pass. Molte imprese rischieranno «di essere fuori legge o non poter raccogliere uva, frutta e verdure, lavorare il vino, allevare animali, lavorare i campi con una conseguenza incalcolabile nella catena dell’alimentazione». Lo sostiene Pierangelo Boatti, titolare della casa vinicola pavese Monsupello, che in un’intervista apparsa stamattina su La Verità annuncia di voler richiedere una deroga al ministro dell’Agricoltura. «Altrimenti dal 15 ottobre molte aziende si fermeranno. Qui con la pandemia da tempo manca il personale e da metà ottobre la situazione sarà ancora peggiore».
I rumeni sono i più restii a vaccinarsi
Boatti evidenzia l’assurdità di un provvedimento che colpisce i raccolti, un ambito in cui i «collaboratori passano la giornata all’aperto e molto distanziati tra loro. Imporre l’obbligo del green pass in ambienti lavorativi dove si pratica l’agricoltura non ha senso e in tanti dalla settimana prossima non potranno più far funzionare la catena della produzione di cibo». I braccianti agricoli più restii a vaccinarsi, a quanto pare, sarebbero i rumeni. «Io di solito mi affidavo a una squadra di rumeni che mi aiutava nella potatura che avviene tra novembre e aprile. Quest’anno, però, nessuno di loro è vaccinato e ho dovuto chiedere alla cooperativa di lavoro interinale a cui mi rivolgo di trovarmi lavoratori albanesi o macedoni che sono tutti vaccinati».
Ci sono tempistiche da rispettare
Senza personale, il settore non può andare avanti. Ma il problema non riguarda solo il green pass: «Il problema è che non è facile trovare questi lavoratori perché durante la pandemia molti sono tornati a casa e non sono più rientrati in Italia. Quando era tempo di vendemmia venivano tutti i parenti dei rumeni a lavorare per noi. Ora non ci sono più o non hanno il green pass valido». E intanto il tempo passa… «Il nostro problema è che noi dobbiamo seguire delle tempistiche. La vendemmia o la potatura vanno fatte in determinati mesi e se non abbiamo personale il nostro business non può andare avanti. Il problema non è il vaccino, che a mio avviso va sostenuto, ma la difficoltà di rapportarsi con personale di culture diverse da quelle con cui operiamo di solito, fattore che rende molto complicato e difficile il lavoro».
Cristina Gauri
2 comments
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Caro Boatti,
prova a spedire le tue lamentele al generale Figliuolo.