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“Io vuole imparare italiano bene”. La frase sul libro di testo che fa impazzire i buonisti

by Cristina Gauri
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Roma, 25 set – Una delle ultime «battaglie» culturali della stampa di sinistra in Italia riguarda il presunto razzismo presente nei libri di testo per le elementari. Si, avete letto bene. Casus belli, il libro Le avventure di Leo, edito da Raffaello, che si sarebbe macchiato dell’odioso crimine razzista di raffigurare, disegnato, un bambino di colore che non parla bene la lingua italiana e che asserisce «quest’anno io vuole imparare italiano bene». 

Apriti cielo, naturalmente. La frase suscita riprovazione, scandalo, indignazione, come se gli immigrati che giungono in Italia fossero tutti provetti emuli dell’Accademia della Crusca. In realtà, con buona pace di Repubblica e degli indignati, come dimostra il recente scandalo del campione di calcio juventino Suarez, la stragrande maggioranza degli stranieri la nostra lingua non la padroneggiano in alcun modo. Quindi che il bambino di colore la voglia apprendere bene va a suo merito, e non risulta discriminatorio in alcun modo. A meno di non voler ritenere che un bambino piccolo da poco giunto in Italia da un Paese africano sia già in grado di padroneggiare la nostra – complessa – lingua.

D’altronde a gennaio 2020, secondo quanto riportato da Il Giornale, il sindaco di Asti aveva inoltrato all’Anci una richiesta – piuttosto forte ma razionale – a mente della quale si sarebbero dovute bloccare le cerimonie di giuramento e conferimento della cittadinanza a quegli stranieri – parecchi a quanto pare – che non conoscono la lingua italiana. Ed in effetti, correva l’anno 2016, l’allora ministro dell’interno Alfano, titolare delle procedure di riconoscimento e conferimento della cittadinanza, dichiarò che la cittadinanza dovrebbe sempre seguire un iter complesso preposto anche all’accertamento della conoscenza linguistica.

Ma tutto questo non esiste per la sinistra. Infuria quindi la polemica anche sui social e tra gli insegnanti. L’editore Raffaello è stato come prevedibile subissato di feroci critiche. «C’è sempre questa ottica vetusta di rimarcare le carenze e non le potenzialità», secondo Repubblica, con gli insegnanti che sarebbero addirittura arrivati a chiedere il ritiro del manuale.
Naturalmente, in questo contesto, ha suscitato altra furia politicamente corretta anche il capitolo del libro Un amico venuto da lontano, dentro cui è dato leggere «questa mattina la maestra ci ha presentato Emmanuel, un amico con la pelle scura venuto da tanto lontano. Quando Emmanuel ha parlato ha sbagliato tutte le parole, allora noi bambini ci siamo messi a ridere, ma la maestra ha detto: Provate voi ad andare in un Paese dove tutti parlano un’altra lingua!». Per questa sinistra che vede malizia e discriminazione dove al contrario c’è solo innocenza, la rappresentazione grafica di chi viene da lontano, ha la pelle scura, vuole apprendere bene una lingua per la sinistra è quindi indice di razzismo o di malvagità. Spesso il razzismo, quello vero, è solo nell’indice puntato in maniera moralistica di certi presunti progressisti.

Cristina Gauri

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4 comments

Emilio Cartasegna 25 Settembre 2020 - 5:14

Sempre stereotipi. Ci sono anche immigrati di pelle bianca, dall’Est Europa e (udite, udite) di religione cristiana.

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Fabio Crociato 27 Settembre 2020 - 1:02

Dall’ oriente europeo arrivano immigrati dalla religione molto slavata !! Di fatto atei funzionali. Solo rare eccezioni hanno resistito alla tabula rasa sovietica. Nelle chiese ortodosse, p.es., entrano più turisti che locali.

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Cesare Forni 26 Settembre 2020 - 9:25

Suarez non è juventino.

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Luca DeSantis 29 Settembre 2020 - 10:12

In realtà il problema è che l’errore grammaticale proposto è davvero uno stereotipo: chi frequenta bambini stranieri sa bene che le improprietà di linguaggio non sono di questo stampo, al più i bambini sono nati in italia e spesso parlano un italiano piuttosto corretto, là dove sono presenti insicurezze lessicali o sintattiche le frasi non vengono articolate in questo modo, il “razzismo” è implicito nel fatto che l’autore del testo non abbia la minima idea del tipo di difficoltà che può incontrare un bambino straniero nell’approccio alla lingua italiana, riproponendo uno stereotipo degno degli anni ’30 del secolo scorso.

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