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Il j’accuse di Raimo a Montanelli e l’abolizione fascista del madamato

by Corrado Soldato
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Montanelli, Raimo

Roma, 17 giu – “Pedofilo”, “stupratore”, “assassino”, “mentitore”, “suprematista” e “razzista”: sono questi alcuni degli epiteti con cui lo scrittore e giornalista Christian Raimo, nella trasmissione Quarta Repubblica, ha pensato bene di etichettare Indro Montanelli sull’onda della “querelle” iconoclasta scatenata dal movimento “Black Lives Matter”, di cui la polemica sulla statua eretta a Milano in onore del “Cilindro” di Fucecchio sta rappresentando la coda nostrana più appariscente e chiassosa.

Montanelli il “reo”

La “colpa” di Montanelli, che è poi il motivo per cui si richiede la rimozione della scultura in bronzo che, nei giardini di Porta Venezia, lo ritrae nella celebre posa da reporter chino a picchiettare le dita sulla tastiera della macchina da scrivere, è ormai nota a tutti ed è efficacemente riassunta, a titolo di esempio, in un articolo di Avvenire disponibile in rete (Montanelli “predatore”, “via quella statua”. Chi ha ragione?). Si tratta, in sostanza, dell’accusa di avere egli, nel 1935, ventiseienne volontario nella guerra d’Etiopia, acquistato dalla famiglia una giovanissima ragazza eritrea di nome Destà, facendone così la propria concubina. Da qui gli addebiti “post mortem” di pedofilia e di abuso sessuale rivolti a Montanelli, condivisi e pubblicizzati in TV (oltre che sui propri canali social) da Raimo, il quale però, per non farsi mancare nulla, ha aggiunto alle ingiurie sopra elencate quella, buona per tutte le stagioni, di “antidemocraticità” e, naturalmente, di “fascismo”.

Ed è qui che, per così dire, “casca l’asino”, nel senso che, nelle intenzioni di Raimo, l’accusa finale, quella (a suo parere) più infamante, quella cioè di “fascismo”, dovrebbe rappresentare un compendio, un’epitome delle precedenti, suggerendo così allo spettatore o al lettore meno accorto, tramite un’operazione logicamente, semanticamente e storiograficamente discutibile, che proprio l’essere stato “fascista” avrebbe portato Montanelli a essere non solo “razzista”, ma anche prevaricatore sessuale, nella misura in cui tale prevaricazione egli la poteva esercitare impunemente nel contesto di un’impresa a danno di popolazioni indigene (dell’Africa orientale) reputate, dai colonizzatori stessi, antropologicamente inferiori e di conseguenza mero materiale (sub)umano da conquistare, opprimere, sfruttare e (perché no?) violare corporalmente.

Sembra dunque che Montanelli, nell’esegesi di Raimo, avrebbe abusato sessualmente della ragazzina eritrea perché “fascista”, dunque ideologicamente condizionato alla predazione delle donne indigene da parte di quello stesso regime (di Mussolini) al cui servizio “Cilindro” si era messo quando, arruolandosi, aveva volontariamente preso parte all’avventura in terra etiopica. Nel fare ciò, va aggiunto, Raimo non è nemmeno una voce isolata, visto che il suo “refrain” si ritrova, più o meno tale e quale, in un articolo di Silvia Ballestra su Internazionale (“Montanelli non merita una statua”), in cui si discetta di «un’aggressione fascista ai popoli africani [che] portò con sé massacri, armi chimiche, stupri, violenze e anche quello sciovinismo colonialista che permetteva all’ufficiale Montanelli di comprare […] il “docile animalino” [ovvero la ragazzina eritrea, come lo stesso Montanelli ebbe infelicemente a definirla in un’intervista]. Insomma, faccetta nera, carne fresca per i conquistatori».

La pratica del madamato nelle colonie

Le cose, ovviamente, non stanno proprio in questi termini e stupisce che Raimo, il quale (come risulta dal curriculum vitae consultabile sul sito del Comune di Roma), oltre a detenere la delega alle Politiche culturali presso il Municipio III, è anche docente abilitato di Storia e Filosofia, non lo sappia. Qual è, infatti, la forzatura (o meglio l’errore), dal punto di vista storiografico, che inficia tutto il ragionamento sulla suggerita consequenzialità tra il Montanelli “fascista” (e dunque il fascismo tutto) e il Montanelli abusatore sessuale di ragazzine indigene? È presto detto. Ciò che fece Montanelli, ovvero la compera di una concubina eritrea appena adolescente (e sull’acerba età della ragazzina il giornalista toscano aveva già dato delle spiegazioni, che siano soddisfacenti o meno non è questo il luogo per discuterne, in una «Stanza» del febbraio 2000), si inscriveva pienamente in una pratica diffusa nelle colonie africane e nota come “madamato” (o “madamismo”). Di che si trattava, nello specifico? L’enciclopedia Treccani ne fornisce una definizione sintetica ed efficace al tempo stesso, descrivendola come una «relazione di indole coniugale (concubinato) tra cittadini italiani e [donne] indigene durante la dominazione coloniale italiana in Africa». Una comprensione più ampia del fenomeno, per chi volesse darsi la pena di approfondire, viene dalla lettura della storiografia specifica.

Lungi dall’essere una pratica introdotta e legittimata dal governo fascista, il madamato esisteva fin dagli esordi del colonialismo italiano in Eritrea (1895-96), sovrapponendosi a quelle usanze locali descritte dallo stesso Montanelli nella «Stanza» precedentemente citata (l’acquisto della ragazzina sarebbe avvenuto, infatti, con un “regolare” atto di vendita, esito di una contrattazione tra Montanelli stesso e il padre, oltre che il capo villaggio, della futura concubina), e rientrava tra le varie tipologie di convivenze interrazziali diffuse nel territorio, non soltanto tra i militari, ma anche tra i funzionari civili e i semplici coloni. Si trattava di una pratica che, peraltro, implicava il problema del riconoscimento dello status dei bambini nati dal rapporto tra “nazionali” e indigene, oltre a quello della «tutela, da parte dell’autorità coloniale, di tale prole meticcia» al cui riguardo, per amore di obiettività, «il governo fascista promosse delle iniziative più coraggiose e innovative rispetto a quelle poste in essere dai passati governi liberali» in quanto i figli di matrimoni misti, se abbandonati dai genitori, «venivano assegnati all’assistenza di istituti creati a tale scopo e gestiti da missionari cattolici» (G. Sale. “Le leggi razziali in Italia e il Vaticano”, Jaca Book, 2009).

Il fascismo e l’abrogazione del madamato

Raimo (con la Ballestra) comunque, forse per eccesso di vis polemica, forse per non essersi accuratamente documentato sul contesto storico, non ha detto (a quanto risulta) che, dopo la conquista dell’Impero, non solo il fascismo abolì la schiavitù in terra abissina (come puntualmente ricordato, sul «Primato Nazionale», da Eugenio Palazzini in “Black Lives Matter: quando il fascismo abolì la schiavitù in Etiopia”), ma anche che fu proprio il regime mussoliniano ad abrogare quella pratica del madamato che aveva fatto da cornice alla (oggi) tanto contestata “unione” di Montanelli e Destà. Il 19 aprile 1937, infatti, venne promulgato un decreto legge (firmato da Mussolini, dal ministro dell’Africa italiana Lessona e dal ministro della Giustizia Solmi, convertito in legge dalla Camera nel successivo dicembre) il cui unico articolo puniva, con la reclusione da uno a cinque anni, «il cittadino italiano che nel territorio del Regno o delle colonie [teneva] relazione d’indole coniugale con persona suddita dell’Africa Orientale Italiana […]». Tale provvedimento legislativo, che diversi storici del Ventennio tendono a presentare come prodromico della svolta razzista culminata nella discriminazione degli israeliti del 1938, dovette anche essere puntigliosamente applicato, se è vero che «era fatto divieto all’uomo [italiano] di condividere in modo abituale il letto con la concubina nera, di consumare sistematicamente dei pasti con lei o di offrirle dei regali», al punto che la casistica registra episodi quasi surreali come quello del colono che, «accusato di avere stabilito un rapporto di indole coniugale con un’indigena», riuscì a discolparsi «dimostrando che le dimensioni del suo letto erano troppo ristrette per permettere a due persone di dormirvi insieme un’intera notte» (G. Israel, P. Nastasi. “Scienza e razza nell’Italia fascista”, Il Mulino, 1998).

L’abolizione del concubinato, ovviamente, non fu dettata da ragioni “umanitarie”, bensì dall’esigenza di affermare, nell’ottica della costruzione di un’adeguata coscienza razziale del popolo italiano, una precisa gerarchia tra “nazionali” e indigeni nelle colonie e «[di] evitare che [in Africa orientale] potesse verificarsi […] un fenomeno di meticciato su larga scala» (R. De Felice. “Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo”, Einaudi, 1993); istanze, queste, da calare nel clima culturale di un’epoca in cui era alquanto diffusa, e non solo nell’Italia fascista, l’avversione per le unioni “miste”, collegata all’idea che «i colonizzatori europei [avessero] il dovere – ovvero la “missione” – di introdurre la propria civiltà nell’Africa selvaggia», in un continente inteso «come una sorta di immenso parco naturale in cui le popolazioni umane si confondono con quelle animali, in un vuoto culturale che solo l’Occidente [poteva] sperare di colmare» (V. Pisanty. “La difesa della razza. Antologia 1938-1943”, Bompiani, 2007). La normativa del 1937, però, dovette anche rispondere a sincere preoccupazioni di ordine morale e di “immagine” che Mussolini condivideva con diversi esponenti del suo entourage, e che continuarono a persistere anche dopo l’abrogazione del madamato.

Ne fanno fede i documenti (posteriori all’approvazione del citato decreto legge) addotti da De Felice nel saggio sopra indicato (il “Diario” di Galeazzo Ciano; una relazione del gerarca Roberto Farinacci al ritorno da un viaggio in Africa orientale; le istruzioni di Mussolini per il nuovo viceré d’Etiopia, il duca Amedeo d’Aosta; un discorso rivolto da Mussolini al consiglio nazionale del PNF), da cui traspare l’inquietudine per «il pessimo contegno da parte dei nazionali civili e militari nei riguardi delle donne indigene», al punto che il Duce era arrivato a individuare le ragioni di una rivolta dell’etnia Amara (da lui stesso definita «la razza più aristocratica d’Etiopia») proprio nell’avere essa perduto il rispetto per i colonizzatori, avendo visto gli italiani «che andavano più stracciati di loro, che vivevano nei “tucul” [le tipiche capanne locali in argilla e paglia], che rapivano le loro donne».

Il cortocircuito ideologico di Raimo

Motivazioni a parte, resta comunque il fatto (storico) che il madamato fu abolito dal fascismo, con probabile disappunto del Montanelli di allora e dei suoi emuli concubini nell’Impero, e che Raimo, nella sua scomposta filippica contro il popolare “Cilindro”, è caduto nel più classico dei cortocircuiti ideologici degli antifascisti in servizio permanente effettivo: a essere rigoroso, infatti, condannando insieme a Montanelli l’usanza del madamato, egli avrebbe dovuto elogiare al contempo un regime, quello fascista, che a tale pratica mise la parola fine.

Corrado Soldato

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6 comments

Anton 17 Giugno 2020 - 4:47

1) Considerazione personale: io, in generale, i libri curati da Valentina Pisanty e Giorgio Israel li lascerei proprio perdere…

2) Arrigo Petacco riportava di come tedeschi e inglesi fossero inorriditi dal fatto che alcuni soldati italiani, durante la loro permanenza in Africa, assolutamente incapaci di “trattenersi”, insidiassero le donne negre per accoppiarsi, arrivando, addirittura, a fuggire dai campi di prigionia giusto il tempo di consumare un rapporto sessuale per, poi, farvi ritorno di nascosto. Le pattuglie inglesi che, spesso catturavano quei focosi “latin lover” mentre si dirigevano al loro appuntamento galante, li paragonavano nient’altro che agli animali.

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Fabio Crociato 18 Giugno 2020 - 1:45

Visto l’ infantilismo culturale di Raimo e compagnia danzante, la pedofilia e l’ abuso sessuale è un rischio dal quale dobbiamo proteggerli a vita! Aborti dimenticati…

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Luigi 18 Giugno 2020 - 10:27

Ah ah ah… L elogio al regime per aver abolito con una legge una pratica che avrebbe contaminato la purezza della razza e che comunque veniva accettata dai gerarchi fascisti in terra d Africa.
Francamente l articolo sembra un cane che si morde la coda.

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Louis Vermont 18 Giugno 2020 - 1:28

Aggiungerei delle piccole informazioni di fronte ai questi meravigliosi controcircuiti intelettuali scatenati da questi fanatici imbecilli.
In Etiopia allora, e in molti paesi africani e asiatici questa pratica era ed è tuttora LEGALE.
Come l’Etiopia allora era un sistema feudale e SCHIAVISTA. Tutto ciò abolito dal regime colonialista italiano.
Queste sono le culture che ci dovrebbero “arricchire” ed “evolvere”
E all’epoca l’Imperatore era Haile Selassiè, ovvero il Ras Tafari tanto venerato dai fan cannati del reggae e di Bob Marley.
E chissà che sgomento farà ai suddetti fan scoprire che la loro pseudo-religione pacchiana, era la loro musichetta esotica condanna FEROCEMENTE l’omosessualità.
Una delle “colonne sonore” di BLM è il cantante giamaicano reggae Anthony B. Bè negli anni’90 fece una canzone non tanta in linea con la sensibilità vilipesa di “una minoranza oppressa”….
https://www.totalitarismo.blog/brucia-sodoma-e-gomorra/

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SergioM 18 Giugno 2020 - 2:00

Montanelli era un “fascistello” come BOCCA e tanti altri divenuti poi antifa il 9 di quel maledetto settembre …..

Ma come può un piccolo raimo capire una cosa GRANDE come il FASCISMO ? Se persino Eco , un filo più “imparato” di lui ha scritto la
madre di tutte le cazzate ?
Sapete la CAGATA dell’ UR-Fascismo ?

L’ uomp NASCE Fascista poi va a scuola (se non la chiude il ministro grullino di turno …) e diventa comunista …… forse cantando bellaciao ?

Eco ha confuso la clava col Santo Manganello …..

I Fascisti erano-sono razzisti ? Potremmo discuterne per giorni …..
Di sicuro a Ben del razzismo non interessava nulla …. non esiste UN
FASCISMO , forse è stato il movimento politico più attivo che sia mai esistito …. il dibattito era-è continuo .

Non ho bisogno di vestire azzimato una camicia nera come Montanelli
perché , anche oggi , mi diano del FASCISTA ….

Razzismo ? Mi permetto di semplificare , una certa parte di Camerati ,
Ghibellini ed Evoliani forse , essendo vicini al Nazional Socialismo ,
è RAZZISTA , ma nel senso di riconoscere che le razze ESISTONO ,
la discriminazione è altro ed appartiene più agli Americani ….. che
VIVONO la convivenza coi Bongos ….

A chi volesse rompere i coglioni con gli ebrei e le leggi del ’38 …. ricordo che gli ebrei sono una religione ed una ETNIA … NON UNA RAZZA !!!!!

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Nicola 18 Giugno 2020 - 8:25

@distefanoTW

L’Italia ha bisogno di gente che faccia amare e rispettare, dal Quirinale, la Costituzione della Repubblica Italiana, sganciandosi dal Deep State, senza prendere ordini da alcuno. Vogliamo fondare il Partito Conservatore del 50% dei consensi di Buona Destra? Se il Fascismo, finanziato come il Comunismo e il Nazismo dai vari Rockfeller e Ford, servì all’impero capitalistico Usa per impossessarsi dell’Europa e dell’Italia, per il tramite della Mafia, ora tutto questo è al collasso finanziario globale. L’Italia faccia la Svizzera una buona volta. Ci azzecchi. E rimanga fedele alla Carta Costituzionale sotto attacco dei poteri forti che il Popolo sovrano ha il diritto dovere di rendere deboli. Facciamolo. Subito. Grazie.

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