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Jihadisti e terroristi arrivati a bordo dei barconi: i dati del Viminale (seconda parte)

by Francesca Totolo
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Roma, 20 apr – Jihadisti e terroristi arrivati a bordo dei barcon: i dati del Viminale. Seconda parte della nostra inchiesta. Qui la prima parte.

Il terrorista di Nizza, il tunisino Brahim Aoussaoui che ha sgozzato tre persone nella chiesa di Notre-Dame, e il terrorista della strage di Berlino, il tunisino Anis Amri che uccise dodici persone, non sono gli unici jihadisti ad essere arrivati in Italia a bordo dei barconi degli immigrati. Quante volte i politici italiani hanno sentenziato “I terroristi non arrivano sui barconi”, in primis Paolo Gentiloni e Matteo Renzi, ovvero i presidenti del Consiglio che, non gestendo il flusso dell’immigrazione clandestina, hanno permesso a 650mila immigrati, spesso senza documenti, di sbarcare indisturbatamente sulle coste italiane. Per evidenziare l’arrivo di molti islamisti sui barconi, peraltro fatto già documentato dall’Interpol, e per documentare il pericolo radicalizzazione nelle moschee e nelle carceri italiani, abbiamo analizzato i dati sulle espulsioni per motivi di sicurezza dello Stato del Viminale, pubblicati dal 2015 all’8 aprile del 2021.

I diversi tipi di espulsione

L’espulsione amministrativa di uno straniero dalla Stato italiano può essere di due tipi: l’espulsione ministeriale e l’espulsione prefettizia. Nel primo caso, il ministro dell’interno può decidere l’espulsione dello straniero per “motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato” o per “motivi di prevenzione del terrorismo”. Nel caso dell’espulsione prefettizia, il prefetto decide di espellere uno straniero quando si verificano determinate condizioni: lo straniero abbia fatto ingresso nel territorio nazionale sottraendosi ai controlli di frontiera, lo straniero soggiorni clandestinamente in Italia e non abbia presentato domanda di permesso di soggiorno, allo straniero sia stato revocato o annullato o ne sia stato rifiutato il rilascio o negato il rinnovo del permesso di soggiorno, lo straniero sia reputato, a causa della propria condotta e in base a elementi di fatto, un individuo socialmente pericoloso ascrivibile ad alcune categorie di soggetti, è già stato espulso, lo straniero già espulso rientrato in Italia prima dei termini. Gli stranieri possono essere espulsi anche da un giudice in aggiunta ad una condanna penale. Non possono essere espulsi dal territorio italiano, gli stranieri che potrebbero essere perseguitati nel suo Paese di origine, norma ribadita da una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo nel 2019 anche quando il soggetto è destinatario di un’espulsione per “motivi di sicurezza dello Stato”. Nel caso di minorenni residenti con parenti entro il quarto grado (o con il coniuge) di nazionalità italiana, e delle donne in stato di gravidanza (anche nei sei mesi successivi alla nascita del figlio, l’espulsione può essere decisa solo dal ministro dell’Interno.

I rimpatri dei clandestini

Dal 2013 al 2020, sono 736.608 gli immigrati sbarcati in Italia e intercettati dalle forze dell’ordine. Il numero reale non è conosciuto perché molti immigrati hanno fatto perdere immediatamente le tracce in seguito ad un cosiddetto “sbarco fantasma”.

Ormai è noto che i rimpatri degli immigrati clandestini destinatari di un foglio di espulsione emesso dal prefetto sono pressoché impossibili perché non esistono accordi con molti dei Paesi di origine (o allorquando esistano, implicano trafile farraginose) e perché gli stranieri si rendono irreperibili, dileguandosi sul territorio nazionale.

I dati del Viminale evidenziano che, dal 2013 al 2020, su 536.099 domande di asilo effettuate dagli immigrati, ben 340.060 stranieri (il 63,4 per cento) hanno ricevuto il diniego, diventando clandestini nel territorio italiano. A questi si aggiungono gli immigrati che non hanno depositato la richiesta di asilo e che non sono stati intercettati dalle forze dell’ordine al momento dell’entrata in Italia.

Per quanto riguarda i rimpatri, sui 736.608 immigrati sbarcati in Italia dal 2013 al 2020, sono stati soltanto 45.528 i rimpatri, in media 5.691 immigrati clandestini all’anno a fronte dei 42.506 dinieghi all’asilo decisi in media ogni anno. Confrontando i rimpatri effettivi agli ordini di rimpatrio, i dati sono ancor più emergenziali ed evidenziano l’incapacità dello Stato italiano nell’eseguire le espulsioni degli immigrati irregolari: in media, sui 29.600 ordini di rimpatrio disposti all’anno, solo 5.691 sono stati effettivamente eseguiti, ovvero il 19 per cento.

Le espulsioni degli immigrati arrivati a bordo dei barconi

Già nel 2018, l’Interpol aveva diffuso una lista con i nomi di 50 foreign fighter dell’Isis, tutti di nazionalità tunisina, che sarebbero arrivati in Italia a bordo di barconi. La Tunisia è il primo Paese di origine dei miliziani jihadisti reclutati dallo Stato islamico, non ci sono guerre, il governo tunisino è stato eletto democraticamente ed è riconosciuto dalla comunità nazionale. Nonostante ciò, la nazionalità tunisina è la prima per numerosità nella lista degli immigrati sbarcati dal 2018 a oggi. Quasi 22mila tunisini sono sbarcati indisturbatamente in soli tre anni. Nell’agosto del 2020, i ministri Luciana Lamorgese e Luigi Di Maio si sono recati in visita ufficiale in Tunisia per cercare di arginare le partenze degli immigrati a bordo dei barconi. Sebbene i ministri italiani abbiano erogato 11 milioni di euro a Tunisi per rafforzare il controllo delle frontiere, nulla è di fatto cambiato.

Nonostante siano stati pochi sia i rimpatri sia le espulsioni, è elevato il numero di immigrati che sono usciti dalla porta e rientrati dal portone. A marzo, grazie ad alcuni accertamenti, si è scoperto che un algerino, ospitato nel centro di accoglienza di Monastir, in Sardegna, era già stato espulso nel 2020 con il divieto di rientrare in Italia prima dei tre anni. A febbraio, due algerini di 30 e 34 anni sono stati arrestati perché sono sbarcati in Sardegna benché fossero stati espulsi rispettivamente nel 2018 e nel 2019 per i successivi cinque anni. Nel mese di novembre del 2020, 13 immigrati di nazionalità tunisina e marocchina hanno violato il divieto di reingresso in Italia, sbarcando a Lampedusa. Il pubblico ministero Emiliana Busto della Procura di Agrigento ha disposto il giudizio direttissimo e sono stati tutti condannati a un anno di reclusione. Un tunisino, espulso dall’Italia a gennaio con accompagnamento alla frontiera aerea, è stato scoperto a bordo di un barcone approdato a Pantelleria il 2 marzo scorso. Dopo l’ultima ondata di sbarchi a Lampedusa, gli agenti della squadra Mobile di Agrigento hanno arrestato quattro tunisini, i quali hanno fatto reingresso sul territorio nazionale, nonostante fossero graviti dal decreto di espulsione.

Jihadisti e terroristi sui barconi

L’8 aprile 2021, un 24enne tunisino è stato espulso con provvedimento emesso dal prefetto di Catania. Giunto clandestinamente in Italia nel 2020 su un barcone e rintracciato nella città siciliana, l’immigrato irregolare era stato segnalato tra gli appartenenti a un gruppo di estremisti islamici tunisini. Il 19 marzo 2021, un egiziano clandestino di 26 anni è stato arrestato ed espulso perché segnalato in diversi ambiti di collaborazione internazionale come estremista islamico, anche in ragione di immagini di propaganda jihadista rinvenute sul suo cellulare nel corso di un controllo di polizia avvenuto nel Regno Unito. Il 29 gennaio scorso, la Digos di Novara ha rintracciato un tunisino 38enne, segnalato da organismi internazionali come islamista radicalizzato. L’uomo è stato poi rimpatriato in esecuzione del provvedimento di espulsione del prefetto di Novara. Il 29 novembre 2020, un tunisino di 28 anni, sbarcato clandestinamente in Italia, è stato espulso perché segnalato dal comparto di intelligence come estremista. Queste sono soltanto le espulsioni avvenuti nell’ultimo periodo riguardanti immigrati arrivati in Italia da clandestini e accolti come “poveri migranti” dal governo italiano. Se questi soggetti avessero avuto la velocità di azione del terrorista tunisino di Nizza, quanti attentati avrebbero potuto portare a termine in Europa?

La radicalizzazione non riguarda soltanto gli immigrati adulti. Nell’agosto del 2018, è stato espulso e rimpatriato un cittadino marocchino di 19 anni che, ancora minorenne, durante un colloquio con l’assistente sociale nell’istituto in cui era detenuto, aveva inneggiato all’autoproclamato Stato islamico e dichiarato di volerne fare parte. L’immigrato era sotto l’attenzione delle autorità anche per aver partecipato a gravi disordini nella struttura detentiva, dove si trovava per reati contro il patrimonio e le persone. Durante i disordini, aveva compiuto azioni violente verso gli operatori e altri detenuti. Successivamente, è stato collocato in una comunità dalla quale è riuscito a fuggire diverse volte, tentando in un’occasione di entrare clandestinamente in Francia. Il 4 dicembre del 2020, dopo anni di clandestinità, è stato rimpatriato Harat Rhimi, tunisino di 19 anni, dopo aver ricevuto il secondo ordine di espulsione per motivi di sicurezza dello Stato a maggio e aver girato per i centri di espulsione di mezza Italia. Durante una perquisizione nell’ambito di un’indagine per droga, erano stati trovati nel suo telefono una serie di video di propaganda jihadista con istruzioni per l’uso di esplosivi. Rhimi era stato anche autore di atti di autolesionismo e aveva avuto comportamenti violenti nei confronti degli agenti di Polizia.

La rete di Anis Amri

Nel dicembre 2016, l’allora ministro dell’Interno Marco Minniti aveva reso noti i nomi e i volti dei due poliziotti che spararono al terrorista tunisino Anis Amri a Sesto San Giovanni (Milano), durante un controllo all’esterno della locale stazione ferroviaria. Non si è ancora capito quale sia stato il motivo di tale imprudente rivelazione fatta da Minniti, che di fatto aveva esposto i due poliziotti a possibili ritorsioni. Infatti, qualche mese dopo, è stato rintracciato e espulso dall’Italia Hisham Alhaabi, tunisino amico di Amri, che era sulle tracce dei due poliziotti. Diversi immigrati sono poi stati espulsi perché contatti del terrorista di Berlino o perché ne aveva esaltato le gesta. Nel 13 gennaio del 2017, è stato espulso un 32enne tunisino, pregiudicato per reati di rapina e lesioni personali aggravate, perché aveva tenuto contatti con un estremista connazionale, membro dello Stato islamico, a sua volta entrato in collegamento con l’attentatore di Berlino Anis Amri. Sei giorni dopo, è stato rimpatriato un altro tunisino, già pluripregiudicato per reati comuni, clandestino e senza fissa dimora. L’uomo era all’attenzione degli investigatori perché il 28 dicembre 2016, durante la distribuzione dei pasti, si era scagliato contro un volontario della mensa della Caritas di Latina, urlando: “Io esco fuori, ti aspetto. Occhio per occhio dente per dente, perché i tuoi fratelli hanno ammazzato un mio fratello a Milano” riferendosi all’uccisione di Amri. Nel febbraio del 2017, è stato espulso un tunisino senza fissa dimora, risultato intestatario di un’utenza telefonica risultata presente tra i contatti Anis Amri. Il mese successivo, è stato rimpatriato un tunisino residente a Latina, segnalato nell’ambito degli approfondimenti investigativi avviati in seguito all’attentato compiuto a Berlino lo scorso 19 dicembre da Anis Amri. Inoltre, era stato accertato che lo stesso aveva aderito ad una cellula radicalizzata gravitante nella moschea della città laziale.

A seguito delle indagini svolte, il tunisino è risultato altresì intestatario di una utenza emersa tra i contatti intestati al terrorista di Berlino, allorquando quest’ultimo, nel giugno 2015, era stato ospitato nell’abitazione di Yaakoubi Montasser e della sua compagna ad Aprilia. Nel giugno del 2018, è stato espulso un altro cittadino tunisino di 30 anni, già allontanato nel 2016 dal territorio nazionale perché ritenuto contiguo ad ambienti dell’estremismo islamico. L’uomo, rintracciato ed arrestato a Latina, faceva parte del circuito di Anis Amri. Qualche giorno dopo, è stato espulso marocchino di 28 anni residente a Tunisi, monitorato perché aveva conosciuto Anis Amri in carcere. Nel settembre del 2018, è stato espulso un tunisino, già detenuto nel carcere di Rebibbia a Roma per rapina e reati di droga. Quale imam, che guidava la preghiera, aveva elogiato gli autori di alcuni attentati e manifestato il proprio dolore per la morte di Amri del quale avrebbe voluto emulare le gesta. Nel febbraio del 2019, è stato rimpatriato un tunisino già pregiudicato per reati comuni, che era finito nel mirino dell’intelligence antiterrorismo per il legame di amicizia con Anis Amri, conosciuto quando entrambi erano detenuti nel carcere di Palermo.

Nel 2018, grazie alle indagini delle autorità italiane sulla rete di contatti di Anis Amri, è stata individuata un’organizzazione che era il punto di riferimento dei tunisini che volevano sbarcare in Italia, garantendo ai clandestini pure i documenti falsi, gli spostamenti lungo la Penisola e passaggio in auto oltreconfine. La stessa organizzazione, secondo un testimone, fornì al terrorista di Berlino i documenti per lasciare l’Italia.

Francesca Totolo

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