Roma, 30 dic — Un utente bannato ingiustamente da Facebook o altra piattaforma social ha diritto alla corresponsione di un risarcimento a causa della sospensione dei propri rapporti sociali, sebbene virtuali. E’ quanto afferma la Corte d’appello dell’Aquila con la sentenza 1659 pubblicata lo scorso 9 novembre, in merito a caso di un utente sospeso per oltre 4 mesi da Facebook dopo aver pubblicato alcune foto di Mussolini e commenti sprezzanti in cui criticava altri iscritti al social. La piattaforma di Zuckerberg aveva sospeso a più riprese l’account per violazione degli «standard della comunità».

A quel punto, il soggetto interessato al ban aveva fatto ricorso, accolto dal Tribunale di primo grado, il quale aveva condannato Facebook a corrispondere un risarcimento di 15mila euro per danni morali. A quel punto i legali del social avevano impugnato la sentenza, dando così l’occasione ai giudici d’appello per delineare diritti e doveri degli iscritti. 

Posta foto di Mussolini, Facebook lo banna: il social condannato a pagare danni morali

Il contratto per adesione stipulato tra il social e l’utente «comporta il sorgere di doveri reciproci». Facebook mette a disposizione l’accesso a una community, l’utente «concede al social network la facoltà di usare, a determinate condizioni, i propri dati personali». Quando ci iscriviamo a una piattaforma ci troviamo di fronte a «un contratto a titolo oneroso e a prestazioni corrispettive», dove l’utente paga un prezzo «rappresentato dalla concessione per fini commerciali dei propri dati personali». Nel merito del contratto, Facebook o chi per esso dispone clausole che gli conferiscono la facoltà di rimuovere i post degli utenti o di sospendere gli account «valutando attentamente se i post risultino davvero offensivi o contrari agli “standard” della comunità prima di sospendere o rimuovere un account». Occorre quindi che i social network operino una attenta verifica delle segnalazioni. 

In sunto: basandosi su tale premessa, la Corte d’Appello ha giudicato leciti i primi due ban, causati da commenti offensivi e lesivi dell’altrui reputazione — l0utente aveva definito «stupido» il proprio interlocutore — mentre ha ritenuto illecite le sospensioni successive, dato che «la mera pubblicazione di una foto con un commento che si limita all’espressione del proprio pensiero (…) non si ritiene sufficiente a violare gli standard della comunità». I giudici hanno quindi ridimensionato il risarcimento, fissandolo a 3mila euro.

Cristina Gauri

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4 Commenti

  1. be postiamo i frocioni finocchi depravati come lussuria frocione schifoso e vendola si postiamo questi frocioni schifosi!

  2. A proposito di posta, ho dei francobolli con il capoccione della buonanima.
    Li posso conservare o li devo distruggere!

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