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Non chiamateli profughi. Il caso della tendopoli a Lecco

by Paolo Mauri
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P8250026Lecco, 28 ago – Lecco è un piccolo capoluogo di provincia su quel ramo del lago di Como di manzoniana memoria. Anche in questa città, come in tante altre più o meno grandi della provincia, sono stati inviati gli immigrati provenienti da questa ultima ondata estiva: a cavallo di ferragosto è stata allestita una tendopoli dalla Protezione Civile locale in località Bione, in un’area di proprietà dei Vigili del Fuoco solitamente adibita ad ospitare fiere itineranti e giostre.
La struttura si compone di 10 tende, due delle quali adibite rispettivamente a magazzino e “ufficio accoglienza” in cui, al momento, sono ospitati circa 40 immigrati. Oltre a questo sono presenti delle strutture messe a disposizione dal ministero dell’Interno ed alcuni automezzi dei VVFF in pianta stabile.
P8250025In questi giorni Il Primato Nazionale è andato sul posto per cercare di ottenere informazioni in merito a quanto sta avvenendo. Dopo l’iniziale ostruzionismo, reiterato, da parte dei volontari presenti, trinceratisi dietro alla totale omertà imposta dalla Prefettura che non permette a nessuno di entrare nella tendopoli tantomeno di ottenere alcun tipo di informazione da chi vi presta servizio, siamo infine riusciti a contattare telefonicamente il presidente della onlus che ha in gestione l’accoglienza (la Fondazione Progetto ARCA di Milano), il dott. Alberto Sinigallia.
Questi, molto cortesemente, ci ha spiegato che la Fondazione percepisce dalla Prefettura, quindi dallo Stato, 30 euro/die per ciascun immigrato che vengono impiegati per fare fronte alle spese a carico della stessa oltre che a fornire, una tantum, una scheda telefonica da 15 euro e una sorta di “diaria” di 2,5 euro per ogni immigrato. La maggior parte dei costi compresi nei 30 euro è riservata per lo stipendio degli operatori presenti nella struttura, per i vari trasporti a cui devono far fronte come ad esempio per il cibo che ogni giorno arriva per due volte dalla mensa interna milanese della onlus, e per coprire i circa 7mila euro impiegati per l’allestimento e la messa a norma della tendopoli.
Tendopoli che, secondo quanto dice il dott. Sinigallia, dovrebbe avere carattere provvisorio (un mese circa) in attesa del via libera da parte della Prefettura per l’installazione di moduli abitativi in container che andrebbero a sostituire le attuali tende.
P8260028Qui si solleva la prima problematica oltre al costo mensile per i container che si aggirerebbe intorno ai 10/12 mila euro, ovvero il carattere permanente che rischia di avere la struttura. Perché una cosa è chiara a tutti: l’emergenza immigrazione è destinata a perdurare a lungo, almeno fintanto che non cambierà la politica dei salvataggi in mare e verrà intrapresa, come cominciano a sostenere anche figure sino ad ora più “accoglienti”, quella dei respingimenti.
Del resto basterebbe dare un’occhiata ai dati del ministero dell’Interno per capire che da quando esiste Mare Nostrum e le sue varie figlie, il numero degli arrivi è aumentato esponenzialmente, ma su questo torneremo in seguito; il vero problema è che l’area del Bione deve essere lasciata libera per ospitare fiere itineranti e giostre, come detto dallo stesso sindaco Brivio in occasione del diniego alla richiesta dei Vigili del Fuoco di utilizzarla per costruire una nuova caserma, dato che l’attuale versa in condizioni a dir poco fatiscenti. Quindi ci chiediamo come si possa conciliare questa presa di posizione con quanto si sta facendo, e ci si prefigge di fare, al Bione.
P8250027La seconda problematica, che teoricamente non dovrebbe essere una novità, è che nella tendopoli, come in tanti altri posti, non sono ospitati profughi. Perché bisogna dire una volta per tutte che essere profugo significa essere costretti ad abbandonare la propria terra in seguito ad eventi bellici, e quasi nessuno dei 40 presenti nella struttura proviene da zone dove attualmente c’è un conflitto in atto.
E’ lo stesso dott. Sinigallia a darci le nazionalità degli immigrati: la maggior parte (12) proviene dal Gambia, 7 dal Bangladesh, 7 dalla Nigeria, a seguire Costa d’Avorio, Mali e Togo.
Sicuramente, quindi, queste persone non sono di certo profughi, bensì andrebbero identificate per quello che sono realmente, ovvero immigrati clandestini; altrettanto sicuro è che queste persone stanno finanziando loro malgrado la criminalità della Libia, dato che, come ci hanno raccontato alcuni degli ospiti della struttura di Bione, vengono spogliati di ogni avere, caricati sulle prime barche che vengono recuperate e spediti verso nord, tanto “c’è la Marina Italiana che vi viene a prendere”.
Così è successo infatti ad un nigeriano trentenne da noi intervistato, a cui un libico ha preso i 750 dinari che aveva in tasca, lo ha caricato su un gommone insieme ad altre 13 persone e spedito in mare aperto, dove è stato tratto in salvo da una nave tedesca che poi lo ha consegnato ad una nostra unità della Marina Militare che lo ha sbarcato a Catania due settimane fa.
Questa ed altre testimonianze raccolte dovrebbero aprire gli occhi a coloro che predicano, ed attuano, l’accoglienza indiscriminata; accoglienza che sta solamente alimentando un terribile mercato di uomini che sta arricchendo la criminalità italiana ed estera, che innescherà una bomba sociale nella nostra società quando queste persone un giorno dovranno uscire dalle tendopoli, dagli alberghi, e dalle altre strutture di accoglienza e allora si troveranno faccia a faccia con la dura realtà di un Paese diverso da quello che è stato dipinto loro.
Paolo Mauri

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