Roma, 1 set – Si chiama Mamadou Kamara ma, ci vogliono far credere, poteva chiamarsi anche Mario Rossi. La sinistra insorge contro chi vede una questione politica nell’efferato omicidio avvenuto nel catanese per mano di un ivoriano del Cara di Mineo.
Parlare di responsabilità che esulino da quelle, individuali, del colpevole del gesto è irresponsabile e ignobile, tuonano dal Pd. E se invece Mamadou non fosse che la punta dell’iceberg? Certo, di italiani che delinquono, anche in modo sanguinario, ce ne sono parecchi. Ma questa sarebbe già una buona ragione per non importare altri delinquenti dall’estero, ché i nostri già ci bastano. E soprattutto: siamo sicuri che italiani e stranieri delinquano in egual maniera? Vediamo i dati.
Il Primato nazionale, in verità, le statistiche le segue già da tempo. E, numeri alla mano, abbiamo già dimostrato che la probabilità che uno straniero sia uno stupratore è 8,7 volte maggiore rispetto a quella di un italiano. Oppure che, per quanto riguarda i furti in abitazione, tra i denunciati a piede libero gli stranieri sono il 54,2% (8.627 persone), tra gli arrestati il 62% (4.112, cioè il 31,4% in più solo nell’ultimo anno), tra i detenuti il 42,3% (1.493). Ne consegue che la frequenza con cui questo reato viene compiuto da stranieri è ben 17 volte più elevata rispetto alla frequenza attribuibile agli Italiani. Inoltre, gli stranieri residenti in Italia rappresentano l’8% della popolazione ma sono responsabili del 18% degli incidenti stradali. Ben 500 morti all’anno sono legate a incidenti stradali causati da stranieri, di cui si stima circa 460 a danno di cittadini italiani: di nuovo, il 14% del totale dei decessi; inoltre, 51mila feriti di cui circa 47mila italiani, che corrisponde a ben il 19% del totale.
Anche i dati sui detenuti spiegano molte cose. Secondo dati Istat aggiornati al 18 dicembre 2012, la percentuale dei detenuti stranieri in Italia è in continua crescita: era pari al 15% del totale dei presenti nel 1991, è salita al 29% nel 2000 per arrivare al 36,1% nel 2011. Tra i detenuti entrati in carcere dallo stato di libertà gli stranieri rappresentano il 43%. La maggior parte di essi proviene dall’Africa (50,4%), in particolare dal Marocco e dalla Tunisia, e dall’Europa (38,4%), soprattutto dalla Romania e dall’Albania, seguono quelli provenienti dalle Americhe e dall’Asia. Un’altissima percentuale di stranieri si trova in carcere per i reati legati alla produzione e spaccio di stupefacenti (49,7%), per rapina e furto (entrambi 17,8%), per lesioni (17%), per violenza o resistenza a pubblico ufficiale (12,9%), per violazioni delle leggi sull’immigrazione (9,6%), per ricettazione (9,3%), violenza privata o minaccia (8,4%), omicidio (8,3%), falsità in atti e persone (6,7%), violenza sessuale (5,9%).
Ciononostante, c’è chi continua a negare la realtà. Per esempio “La criminalità degli immigrati: dati, interpretazioni e pregiudizi”, ricerca promossa dal Dossier Immigrazione CaritasMigrantes e dall’Agenzia Redattore Sociale, risalente all’ottobre 2009, presenta la seguente chicca: «Il “tasso di criminalità” degli immigrati regolari nel nostro paese è solo leggermente più alto di quello degli italiani (tra l’1,23% e l’1,40%, contro lo 0,75%)». Eppure, se la matematica non è un’opinione, 1,40% è il doppio di 0,75%. Quindi i loro stessi numeri dimostrano il contrario di ciò che stanno dicendo: gli immigrati, anche secondo queste statistiche assolutamente prudenziali, delinquono il doppio degli italiani.
Il sociologo Marzio Barbagli, che ha analizzato i dati in materia per tracciare il rapporto del Viminale del 2006 e ha quindi dovuto guardare in faccia la realtà, ha ben descritto lo psicodramma della sinistra culturale alle prese con il vero volto dell’immigrazione: «Non volevo vedere: c’era qualcosa in me che si rifiutava di esaminare in maniera oggettiva i dati sull’incidenza dell’immigrazione rispetto alla criminalità. Ero condizionato dalle mie posizioni di uomo di sinistra. E quando finalmente ho cominciato a prendere atto della realtà e a scrivere che l’ondata migratoria ha avuto una pesante ricaduta sull’aumento di certi reati, alcuni colleghi mi hanno tolto il saluto […]. Ho fatto il possibile per ingannare me stesso. Mi dicevo: ma no, le cifre sono sbagliate, le procedure d’analisi difettose. Era come se avessi un blocco mentale…».
E mentre loro superano i blocchi mentali, gli italiani continuano a morire.
Giorgio Nigra
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