Roma, 21 set – Pubblicare contenuti offensivi sul proprio stato di WhatsApp รจ diffamazione: lo stabilisce la Corte di Cassazione. Cosรฌ come giร avvenuto per Facebook, Instagram e Twitter, ora la Suprema corte ha stabilito che anche su WhatsApp รจ diffamatorio pubblicare contenuti offensivi sul proprio stato.
Cassazione: “Pubblicare contenuti offensivi su proprio stato di WhatsApp รจ diffamazione”
La Cassazione infatti fa presente che anche sull’applicazione di messaggistica il contenuto รจ visibile a molte persone. Tutti i contatti in rubrica, che sul proprio telefono hanno scaricato l’app, possono di fatto vedere quanto pubblicato nello stato degli altri utenti. Da qui, il reato di diffamazione, commesso, secondo l’articolo 595 del Codice penale, da “chiunque, comunicando con piรน persone, offende l’altrui reputazione“.
A Caltanissetta il primo caso in Italia
Come riporta NewSicilia, i giudici della Cassazione si sono trovati di fronte al primo caso di questo tipo nel nostro Paese, avvenuto a Caltanissetta. A finire sotto processo รจ stato un uomo, accusato di aver volontariamente pubblicato una frase offensiva rivolta a una donna, presente tra i contatti e dunque destinataria, tra gli altri, del messaggio, sul proprio stato WhatsApp. Dopo aver visualizzato lo stato ed aver evidentemente capito fosse rivolto a lei, la vittima ha denunciato l’uomo, che รจ stato condannato nei tre gradi di giudizio.
Multa da 3mila euro e spese legali da risarcire
I supremi giudici hanno, infatti, confermato la decisione presa in primo e secondo grado, infliggendo all’uomo una multa da 3mila euro e spese legali da risarcire e stabilendo che “l’uomo non ha limitato la visione della frase offensiva rivolta alla donna, e lo ha fatto consapevolmente, perchรฉ se avesse voluto rivolgersi direttamente alla vittima, avrebbe avuto piรน senso inviarle un messaggio personale“.
I giudici hanno respinto la tesi della difesa
Dal canto suo, l’imputato aveva presentato ricorso contro la sentenza di condanna della Corte dโAppello di Caltanissetta, sostenendoย lโassenza della provaย oltre ogni ragionevole dubbio che iย messaggi fossero rivolti alla persona offesa. E che potessero essere visti da tutti i suoi contatti nel telefono.ย Secondo la difesa, infatti,ย non tutti i contattiย possono essere inย possesso dellโappย di messaggistica piรน famosa del mondo. Tesi che perรฒ รจ stata respinta dai giudici. Insomma, ora sui social ci si deve comportare proprio come nella vita reale. Anche perchรฉ per tanti la vita sui social purtroppo coincide con la realtร .
Ludovica Colli