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Overdose: dagli angoli delle strade agli appartamenti di lusso

by La Redazione
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pshRoma, 4 feb – E’ di due giorni fa la notizia dell’attore Philip Seymour Hoffman, trovato morto con una siringa nel braccio nel suo appartamento e dosi di eroina. L’ipotesi attuale è quella della morte per overdose, legata ad un problema di droga già noto, per il quale l’attore aveva nella scorsa primavera effettuato un ciclo di “rehab” di qualche giorno. I casi di questo tipo sono numerosi, si ricorda quello riguardante Michael Jackson o Amy Winehouse.

Sul fenomeno dell’overdose val la pena di spendere qualche parola. Apparentemente un incidente di percorso, non colpisce però persone alle prime armi con la droga. In alcuni paesi, come in Italia, ad esempio l’età media dei morti per overdose da eroina è in crescita. Il fenomeno riguarda specificamente i tossicodipendenti, e le loro ricadute “non protette”. Quel che dovrebbe proteggere un tossicodipendente è un trattamento in corso, che per ragioni farmacologiche interferisce con l’effetto dell’eroina e, anche quando non è sufficiente a prevenire il ritorno all’uso, previene però l’overdose. Sono invece altamente inefficaci, e anzi rischiosi in questo senso gli interventi di “ripulitura”, altrimenti detti di disintossicazione, che rimettono in sesto una persona intossicata in giorni o settimane, ma non si basano sull’idea di controllare l’andamento della malattia.

La malattia così porta a ricadere, e la ricaduta porta con sé la perdita di controllo sulla modalità di uso: da qui l’apparente errore dell’overdose, che di solito invece non è né un errore né così spesso è una casualità legata ad una droga “tagliata male”. Muoiono più spesso i tossicodipendenti scarcerati senza cura, pulitissimi e prontissimi a ricadere senza paracadute. Muoiono i tossicodipendenti che evitano il trattamento “uguale per tutti” (metadone e buprenorfina), perché essendo in una posizione sociale privilegiata si illudono che costose disintossicazioni valgano di più che un trattamento economico. Muoiono i tossicodipendenti che interrompono il trattamento, per i motivi più disparati.

Le storie di tossicodipendenti ricchi possono insegnare in questo caso che i metodi dei ricchi non necessariamente sono efficaci, perché il mercato della salute avrà sicuramente soluzioni di lusso da vendere a chi può, il che ha sempre poco a che vedere con quello che davvero può funzionare. Non errore quindi, ma espressione di una malattia che colpisce ad ogni livello ed è sensibile, per fortuna, a cure “popolari”. Anzi, chi ha soldi e un’immagine da difendere spesso fa lo slalom tra le cure e si appoggia soltanto a questi rimedi temporanei (le disintossicazioni), che se non truffaldine non sono comunque mai state il cardine di un trattamento delle tossicodipendenze.

 Matteo Pacini

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