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C’è un popolo che non tace. Da Torino a Napoli, le proteste contro le chiusure

by Eugenio Palazzini
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Roma, 7 apr – E’ un aprile infuocato, caratterizzato dalla continue proteste contro le chiusure che da giorni migliaia di lavoratori italiani portano avanti da Nord a Sud. Non solo a Roma dunque, prova ne sono le odierne manifestazioni a Napoli e Torino.

Proteste contro le chiusure, la rabbia di un popolo

Sono ristoratori, albergatori, commercianti, ambulanti e molti altri che non tollerano più le chiusure imposte dal governo. Non le tollerano più non perché siano improvvisamente impazziti, o perché qualcuno “soffia sul fuoco” della rivolta come raccontato da qualche politico sconnesso dalla realtà. Non le tollerano più perché si sentono abbandonati da un governo che non fornisce risposte concrete a una crisi generata da un infinito lockdown. Sono cittadini che vogliono semplicemente lavorare, per non veder andare in fumo anni di sudore e sacrifici. Sono esausti e pretendono sacrosante risposte improcrastinabili. Per questo protestano, per questo si infuriano.

La protesta a Napoli

A Napoli, in piazza del Plebiscito, proprio di fronte alla Prefettura, oggi c’è stata una protesta per invocare aiuti per 15 categorie d’impresa rappresentante da altrettante croci. La croce come simbolo della disperazione di tutti quei settori commerciali messi in ginocchio dalle restrizioni. “Siamo tutti in piazza – dice Vincenzo Schiavo, presidente di Confesercenti Campania – dal mondo del turismo a quello della moda e abbigliamento, dal wedding alla ristorazione, dagli albergatori ai B&B al trasporto privato, dai parrucchieri e dal mondo dell’estetica ai lavoratori dello spettacolo, dagli agenti di commercio, di viaggio alle guide/accompagnatori ai mercatali, dalle società di eventi e dai negozi di arredamenti a tutte le partite Iva. Vogliamo risposte serie al Governo. Molti di noi non sanno come riaprire, quando sarà, e sono sommersi dai debiti e dalla disperazione”.

Torino, ambulanti in piazza

A Torino a manifestare sono ambulanti e mercatali dei generi non alimentari. Anche loro chiusi da troppo tempo e vessati da limitazioni ingestibili. Nel capoluogo piemontese hanno così allestito banchi in diverse piazze e vie cittadine, pur non potendo vendere la merce. Sui banchi c’era di tutto: fiori, oggetti per la casa, vestiti e cartelli di protesta. Le scritte sono emblematiche: “Vogliamo lavorare”, “Diritto al lavoro”, “Apriamo perché siamo all’aperto”. “Dobbiamo lavorare, essere liberi di scegliere. Se non moriamo di virus, moriamo senza lavoro”, grida una donna disperata, con le lacrime agli occhi.
Altro che infiltrati e facinorosi.

Eugenio Palazzini

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