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Da Prodi a Conte: breve storia dei debiti de L’Unità (che paghiamo noi)

by Lorenzo Zuppini
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Roma, 14 dic – Si riapre il sipario sulla grottesca vicenda dei debiti de L’Unità, il giornale di riferimento della sinistra, che verranno pagati dallo Stato ossia da tutti noi contribuenti. E quest’altra puntata di “spese rosse” si unisce quella imbarazzante riguardante i 400mila euro che il governo giallorosso ha deciso di garantire, dal 2021 al 2022, alle varie associazioni rosse che si occuperanno dei festeggiamenti per il centenario della fondazione del Partito comunista italiano. Dunque festeggiano, e pagano debiti, coi quattrini nostri.

I regalini di Prodi e D’Alema

Lo scorso ottobre avevamo già fatto luce sulla vicenda legata a L’Unità e ai suoi debiti verso diverse banche. Il tutto iniziò con una legge del 1998 targata governo Prodi per la quale veniva introdotta la garanzia statale sui debiti dei giornali di partito. Due anni dopo, nel 2000, i Democratici di sinistra proposero all’allora premier Massimo D’Alema di far sì che, in virtù della suddetta legge, fosse la Presidenza del Consiglio a farsi carico dei debiti de L’Unità. Il punto è che questo giornale era, come già detto, di riferimento per i Ds e fu proprio questo partito ad occuparsi per primo dei suoi conti malmessi. Ovviamente, essendo nel 2000 D’Alema presidente del consiglio proprio dei Ds, la palla passò a Palazzo Chigi.

In un primo momento le banche accettarono che fosse l’erede del Pci a farsene carico, data la vastità di immobili di sua proprietà. Parte del debito, come già scritto ad ottobre, venne onorato utilizzando le entrate del finanziamento pubblico ai partiti. Ma, venendo ai giorni d’oggi, come già abbiamo avuto modo di spiegare quel patrimonio immobiliare che avrebbe dovuto garantire i debiti de L’Unità è magicamente scomparso. In sostanza, la scorsa sentenza di condanna ha messo nero su bianco come i Ds abbiano tenuto una condotta apparentemente elusiva per sottrarre quei beni dalla garanzia: l’allora tesoriere dei Ds Ugo Sposetti avrebbe collocato quegli immobili in 57 diverse fondazioni che ad oggi risultano inattaccabili. Ben 3200 immobili che corrispondo in taluni casi alle attuali sedi del Partito democratico.

Gli immobili de L’Unità “spariti”

Altro passaggio che aiuta a comprendere l’intricata vicenda: sino al 1997 L’Unità risultava ricca di immobili. Peccato che siano stati ceduti alla Beta immobiliare Srl che faceva riferimento ai Ds, e stiamo parlando degli immobili che, ripetiamo, avrebbero dovuto fare da garanzia per i debiti del giornale.

In questi giorni, la presidenza del Consiglio dei ministri non ha presentato appello contro le tre sentenze del tribunale di Roma che condannano la presidenza stessa a pagare i debiti de L’Unità, allora assunti dal partito dei Ds.

Il tribunale di Roma ha dichiarato che spetterebbe alla presidenza del Consiglio far dichiarare nulli tutti gli atti di donazione in favore delle fondazioni che attualmente posseggono gli immobili. La palla, quindi, passa a Conte, già in bilico per la vicenda riguarda il suo collega professor Alpa e invischiato nella bufera dell’approvazione del Mes. Nel primo caso, ove stabilita la bugia da lui detta, dovrebbe evidentemente dimettersi; mentre nel secondo, ove scoppiasse la guerra interna al governo, la sua testa sarebbe la prima a saltare. Figuriamoci se può avere la forza e il coraggio di mettere con le spalle al muro quella parte del Pd che allora componeva i Ds e che oggi si tappa orecchie, bocca e naso. Soprattutto il naso, perché di odore maleodorante ve ne è parecchio.

Lorenzo Zuppini

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