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Rimini, bufera sul murales della “uoma” che allatta un bimbo: ma nella notte ignoti lo cancellano

by Cristina Gauri
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murales

Rimini, 4 apr — Sta diventando un caso nazionale quello del murales Lgbt, raffigurante l’abominevole «uoma» trans con barba e seni mentre allatta un bambino, comparso a Rimini nei giorni scorsi: dopo aver diviso l’opinione pubblica con tanto di querelle tra sindaco (che difendeva l’opera) ed esponenti del centrodestra (che ne mettevano in evidenza la bruttezza e l’evidente tentativo di colonizzazione ideologica da parte di qualcuno dei soliti gruppetti di attivisti), stanotte qualcuno lo ha coperto con una coltre di vernice bianca. 

Il murales della uoma trans coperto da ignoti  

Ma facciamo un passo indietro, per meglio comprendere la dinamica dei fatti. Sono gli ultimi giorni di marzo, quando a Rimini, in via Savonarola (la zona adiacente alla stazione) fa la propria comparsa un murales che raffigura uno «strano soggetto»: una donna barbuta e affetta da calvizie dovuta all’assunzione di testosterone per il cambio sesso allatta un bambino tenendolo attaccato al proprio seno (fortunatamente non mutilato, in questo caso): di fianco sorge la scritta Equacity, una crasi tra equality e city. Lo sfondo è l’immancabile bandiera arcobaleno. Oltre ad essere bruttino e carente di tecnica, colpisce la forte componente ideologica che ha fatto montare su tutte le furie il consigliere regionale leghista Matteo Montevecchi, eletto a Rimini: «Il murales è il frutto della peggior ideologia perversa transfemminista. Lo sfondo è rigorosamente con la bandiera Lgbtq».

Il sindaco difende l’opera

Scoppia il caso politico e mediatico. Il sindaco di Rimini Jamil Sadegholvaad risponde piccatissimo a Montevecchi parlando di «arte scomoda» (ma si può veramente parlare di scomodità quando tutto l’establishment culturale e mediatico si prostra quotidianamente alla glorificazione della fluidità di genere?), sottolineando che «in quella figura maschile che allatta al seno» c’è «il magico mistero della paternità», perché oltre i ruoli culturali, «essere padre significa avere la stessa relazione naturale, misteriosa, corporea, profonda, insondabile, differente ma uguale rispetto alla madre».

Tocca dare al sindaco una rinfrescata di biologia, ricordando che la figura in questione non può essere definita «un padre» dal momento che possiede un utero, ha partorito con tutta probabilità il bambino che sta allattando (il disegno è la riproduzione di una famosissima fotografia),

quindi trattasi di madre. Figura che una sapiente riscrittura del linguaggio ora registra come «padre» o «persona con utero».
Il leghista Matteo Montevecchi aveva replicato ricordando «che la paternità non può essere un uomo che allatta. Non servono scienziati per capirlo. Essendo padre, dovresti comprenderlo molto bene anche tu come chiunque altro, senza il bisogno di provare ad emulare a casa propria la suddetta scena».

La polemica è durata fino a notte fonda, fino alla spiacevole (dipende dai punti di vista) scoperta della cancellazione del murales. Su tutte le furie il sindaco, che promette giustizia per la copertura dello scarabocchio del «mammo»: «Verranno vagliate le immagini delle telecamere per individuarli, poi potremo dare della “m…” a chi ha compiuto il suo capolavoro notturno imbrattando di vernice le scalette del porto canale». 

Cristina Gauri

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