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Trans e sadomaso, a Como va in scena la Traviata “moderna”: e viene sommersa dai fischi

by Cristina Gauri
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Como, 5 dic — Mentre a Londra riscrivono con disinvoltura la storia proponendo una piéce teatrale su un’improbabile Giovanna D’Arco non binaria e genderfluid, in Italia, per non sentirsi da meno, il regista Luca Baracchini pensa bene di mandare in scena la rivisitazione arcobaleno di un capolavoro immortale di Giuseppe Verdi: La Traviata, qui riproposta in salsa trans con elementi fetish e sadomaso — perché senza frustini e borchie a quanto pare non si va più da nessuna parte.

La Traviata è trans e fetish, ma il pubblico non gradisce

L’opera così proposta è andata in scena al teatro Ponchielli di Cremona e poi al Sociale di Como ma, a quanto riportano le cronache locali, il pubblico sembra non avere gradito particolarmente. Fischi, buuu, urla di disapprovazione: gli spettatori paganti hanno reagito all’abuso artistico con veemenza. E’ vero, «loro» ci provano di continuo a proporre in tutte le salse la realtà aumentata dell’autopercezione, ma a quanto pare questi esperimenti non riescono — ancora — ad attecchire. This is Cremona, non Londra… e neppure Milano, dove sicuramente la Traviata trans troverebbe più di un sostenitore.

E’ colpa dello spettatore bigotto

Del resto il Baracchini ha già messo le mani avanti nell’introduzione del suo lavoro: se non arrivi a comprendere la genialità della mia rivisitazione, caro spettatore, è colpa del tuo bigottismo: «Violetta non muore rivendicando orgogliosamente la propria identità, ma incarnando quell’aspettativa sterile e ipocrita che le ha rovinato l’esistenza; si strugge ma non combatte, pare quasi alla ricerca di un meritato martirio che la riscatti dalla colpa. Decidi tu, amico Spettatore, se una colpa esiste o esiste solamente un pregiudizio che siede in poltrona insieme a noi». Facile, no?

Recensisce così la Traviata del terzo millennio un giornalista de La Provincia Pavese: «Violetta passa quasi l’intera opera in compagnia di un suo alter ego mimo che in modo eloquente, ma non troppo efficace, esprime questo conflitto fra la registica Violetta-uomo e quella femminile. E fin qui ci sta tutto. Non fosse che il coro di zingarelle e mattadori si è trasformato in un festino a base di frustini, di avance fra uomini, di bondage con tanto di maschera con le corna…».

Sesso ovunque 

Insomma, sembra che la lotta a questo «bigottismo» fonte di ogni male debba per forza passare per il cattivo gusto grossolano, i frustini e il latex di quint’ordine esposti sotto i neon delle vetrine scrause dei sexy shop, l’estetica alla Loris Batacchi e la perenne, militarizzata ipersessualizzazione di qualsiasi elemento della nostra vita: da nonno Palmiro che legge il giornale in poltrona al criceto che gira nella ruota sul davanzale è imposto per dogma di rappresentarli legati come salami, frustati o adornati di cazzi finti. 

Cristina Gauri

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