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Tumore al colon, nel 2020 +11,9% di morti. “Il Covid ha bloccato esami e diagnosi”

by Cristina Gauri
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colon

Roma, 14 ott – In una dimensione quotidiana ormai cannibalizzata dal Covid-19 rimane ben poco spazio per le altre emergenze sanitarie. L’Italia ha affrontato la crisi scatenata dal coronavirus dando la priorità assoluta ai casi di Covid-19. Ma l’inevitabile conseguenza dell’epidemia è stata che per tre mesi sono rimaste quasi completamente bloccate le prestazioni ordinarie della Sanità. Numeri spaventosi: nei mesi di isolamento sono saltati 410mila interventi chirurgici e milioni di visite e di esami di routine. E con i ritardi di diagnosi e terapie si rischiano più morti che per il Covid-19.

In Europa non va meglio: prendiamo per esempio i decessi per tumore al colon, che secondo una stima nel 2020 sono cresciuti dell’11,9%. E la colpa è da imputare tutta ai ritardi, dovuti alla crisi sanitaria, nei programmi di screening per la prevenzione del cancro del colon-retto. I dati sono stati resi noti in occasione della settimana della United European Gastroenterology (UEG Week Virtual 2020) durante la presentazione di uno studio dell’Università di Bologna. Il cancro del colon-retto è il secondo per morti tra le malattie oncologiche in Europa: ogni anno sono 375.000 le nuove diagnosi in Ue e 170.000 vittime del tumore. Cifre terribili ma che, al contrario del coronavirus, non ingenerano paure e isterismi. «La diagnosi precoce del tumore  – spiega l’autore del lavoro Luigi Ricciardiello – è cruciale perché lo rende più facile da trattare e quindi migliora l’esito clinico della malattia».

La prevenzione è fondamentale: «E’ perciò essenziale che i programmi di screening preventivo continuino aiutando a prevenire ulteriori aumenti della mortalità». Lo studio di Ricciardiello si basa su di un modello matematico «per fare previsioni sugli effetti clinici dei ritardi indotti dall’emergenza covid, che ha influenzato negativamente tutte le prestazioni sanitarie ordinarie». Dal modello è emerso che «un ritardo nello screening di moderata entità (7-12 mesi) e uno più ampio (superiore a un anno) portano a un aumento del 3% e 7% rispettivamente delle diagnosi tardive di tumore». Se ci si basa sui tassi di sopravvivenza a 5 anni in caso in caso di diagnosi già in fase avanzata, l’aumento della mortalità si attesta all’11,9% per un ritardo di screening superiore a 12 mesi. «A livello globale i sistemi sanitari stanno fronteggiando forti difficoltà a causa del COVID-19. Le autorità sanitarie – conclude Ricciardiello – devono agire con urgenza per riorganizzare le attività durante il COVID-19, senza compromettere la diagnosi di altre malattie ad alto impatto».

Cristina Gauri

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Fabio Crociato 14 Ottobre 2020 - 2:09

E “qualcuno” continua a volerci alimentare da c..o !!

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