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Roma, 16 lug – “Se si volesse fare una cosa pulita… questa pulita non potrà mai essere, meno sporca … Abbiamo una porcata da fare in trenta minuti, scritta da loro, dallo Sviluppo Economico… mi sento le mani lorde di sangue”: a parlare sono i funzionari del Ministero dell’Ambiente Giuseppe Lo Presti e Antonio Milillo (non indagati) e questo probabilmente è lo spezzone più agghiacciante delle intercettazioni ambientali che il Noe dei Carabinieri ha eseguito presso alcuni uffici dello stesso Ministero in relazione all’indagine sul disastro ambientale e sanitario provocato dalla centrale elettrica a carbone di Vado Ligure, in provincia di Savona, partecipata in maggioranza da Gdf Suez e Sorgenia della famiglia De Benedetti, con Iren e Hera quali soci minori.
Si ricorderà, per averne trattato ampiamente a suo tempo su queste colonne, che la procura di Savona addebitava alla negligente conduzione della centrale almeno 442 morti premature tra il 2000 e il 2007, che tale numero – come oggi pare confermato – doveva essere una forte sottostima rispetto alle migliaia di decessi direttamente determinati dalle emissioni incontrollate e fuorilegge. La centrale fu poi chiusa per ordine della stessa procura savonese il 12 marzo 2014.
Le indagini preliminari venivano poi concluse il 17 giugno scorso, risultandone 86 indagati tra dirigenti, amministratori pubblici e ministeriali, in base a sei capi d’imputazione tra cui disastro ambientale colposo e abuso d’ufficio, in cui spiccano i nomi dell’intera giunta regionale ligure a quel tempo presieduta dal Pd Claudio Burlando – incluso lo stesso presidente – degli assessori della provincia di Savona, di funzionari e membri di commissione del Ministero dell’Ambiente.
L’accusa di omicidio colposo plurimo è stata inoltre contestata ad alcuni dirigenti e ad alcuni amministratori e funzionari locali per aver permesso, tra il 2000 e il 2007, una gestione della centrale che ha provocato un “numero di vittime accertato in modo conservativo non inferiore a 427”.
Il quadro più completo che è emerso negli ultimi giorni, però, porta la storia su un altro e ben più preoccupante livello, delineando un sistema di complicità politiche, articolato ed esteso fino ai più alti livelli governativi, finalizzato ad aggirare le prescrizioni ambientali e sanitarie e consentire ai soci della centrale assassina di continuare a spartirsi gli esorbitanti utili – quasi un miliardo di euro – fino alla chiusura giudiziale.
Secondo le carte dell’inchiesta, a livello regionale l’allora governatore ligure Claudio Burlando tentò di smontare a colpi di contro-perizie i rapporti commissionati dalla procura di Savona, in particolare le conclusioni epidemiologiche, senza per altro riuscirvi.
È tuttavia a livello ministeriale e governativo che si è tentata la partita decisiva. Dall’inchiesta risulta che l’allora viceministro dello Sviluppo Economico, Claudio De Vincenti, anch’esso del Pd e comunque non indagato, dal 10 aprile di quest’anno promosso al ruolo di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio – praticamente braccio destro di Matteo Renzi – si adoperò per “suggerire la strada a Tirreno Power per aggirare le prescrizioni” ambientali, questione sulla quale lo stesso avvocato difensore dell’azienda, l’ex ministro della Giustizia Paola Severino, risulta aver avuto un incontro con il diretto superiore del De Vincenti, ossia con il ministro Federica Guidi in persona.
Tanto che, a quanto risulta, una bozza di norma tesa ad aggirare le prescrizioni ambientali fu davvero redatta nelle stanze del Ministero dello Sviluppo Economico, che al Ministero dell’Ambiente avrebbero dovuto approvare senza tante storie.
È così che si torna alle incredibili frasi intercettate e riportate all’inizio di questo articolo, pronunciate al Ministero dell’Ambiente e chiaramente riferite alla norma che poi non è mai stata approvata, ma sulla quale devono essersi spesi in tanti e con grande impegno: “Cerchiamo di fare una porcata – afferma un dirigente ministeriale – che almeno sia leggibile”.
Ma Claudio De Vincenti – secondo le indagini – si sarebbe spinto anche oltre, fino a cercare il modo di chiedere al Consiglio Superiore della Magistratura (Csm) un’azione disciplinare contro il Pm Francantonio Granero della procura di Savona, che ha svolto le indagini preliminari insieme a Chiara Maria Paolucci, in un crescendo inverosimile di responsabilità politica e morale.
Una regione, una provincia, due comuni, due grandi ministeri come truppe – stipendiate dai cittadini – schierate per la strenua difesa degli interessi di un’azienda privata, e oggettivamente di una famiglia influente il cui capostipite, Carlo De Benedetti, si fregia del titolo di tessera numero uno del Partito Democratico.
Francesco Meneguzzo
Roma, 16 lug – “Se si volesse fare una cosa pulita… questa pulita non potrà mai essere, meno sporca … Abbiamo una porcata da fare in trenta minuti, scritta da loro, dallo Sviluppo Economico… mi sento le mani lorde di sangue”: a parlare sono i funzionari del Ministero dell’Ambiente Giuseppe Lo Presti e Antonio Milillo (non indagati) e questo probabilmente è lo spezzone più agghiacciante delle intercettazioni ambientali che il Noe dei Carabinieri ha eseguito presso alcuni uffici dello stesso Ministero in relazione all’indagine sul disastro ambientale e sanitario provocato dalla centrale elettrica a carbone di Vado Ligure, in provincia di Savona, partecipata in maggioranza da Gdf Suez e Sorgenia della famiglia De Benedetti, con Iren e Hera quali soci minori.
Si ricorderà, per averne trattato ampiamente a suo tempo su queste colonne, che la procura di Savona addebitava alla negligente conduzione della centrale almeno 442 morti premature tra il 2000 e il 2007, che tale numero – come oggi pare confermato – doveva essere una forte sottostima rispetto alle migliaia di decessi direttamente determinati dalle emissioni incontrollate e fuorilegge. La centrale fu poi chiusa per ordine della stessa procura savonese il 12 marzo 2014.
Le indagini preliminari venivano poi concluse il 17 giugno scorso, risultandone 86 indagati tra dirigenti, amministratori pubblici e ministeriali, in base a sei capi d’imputazione tra cui disastro ambientale colposo e abuso d’ufficio, in cui spiccano i nomi dell’intera giunta regionale ligure a quel tempo presieduta dal Pd Claudio Burlando – incluso lo stesso presidente – degli assessori della provincia di Savona, di funzionari e membri di commissione del Ministero dell’Ambiente.
L’accusa di omicidio colposo plurimo è stata inoltre contestata ad alcuni dirigenti e ad alcuni amministratori e funzionari locali per aver permesso, tra il 2000 e il 2007, una gestione della centrale che ha provocato un “numero di vittime accertato in modo conservativo non inferiore a 427”.
Il quadro più completo che è emerso negli ultimi giorni, però, porta la storia su un altro e ben più preoccupante livello, delineando un sistema di complicità politiche, articolato ed esteso fino ai più alti livelli governativi, finalizzato ad aggirare le prescrizioni ambientali e sanitarie e consentire ai soci della centrale assassina di continuare a spartirsi gli esorbitanti utili – quasi un miliardo di euro – fino alla chiusura giudiziale.
Secondo le carte dell’inchiesta, a livello regionale l’allora governatore ligure Claudio Burlando tentò di smontare a colpi di contro-perizie i rapporti commissionati dalla procura di Savona, in particolare le conclusioni epidemiologiche, senza per altro riuscirvi.
È tuttavia a livello ministeriale e governativo che si è tentata la partita decisiva. Dall’inchiesta risulta che l’allora viceministro dello Sviluppo Economico, Claudio De Vincenti, anch’esso del Pd e comunque non indagato, dal 10 aprile di quest’anno promosso al ruolo di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio – praticamente braccio destro di Matteo Renzi – si adoperò per “suggerire la strada a Tirreno Power per aggirare le prescrizioni” ambientali, questione sulla quale lo stesso avvocato difensore dell’azienda, l’ex ministro della Giustizia Paola Severino, risulta aver avuto un incontro con il diretto superiore del De Vincenti, ossia con il ministro Federica Guidi in persona.
Tanto che, a quanto risulta, una bozza di norma tesa ad aggirare le prescrizioni ambientali fu davvero redatta nelle stanze del Ministero dello Sviluppo Economico, che al Ministero dell’Ambiente avrebbero dovuto approvare senza tante storie.
È così che si torna alle incredibili frasi intercettate e riportate all’inizio di questo articolo, pronunciate al Ministero dell’Ambiente e chiaramente riferite alla norma che poi non è mai stata approvata, ma sulla quale devono essersi spesi in tanti e con grande impegno: “Cerchiamo di fare una porcata – afferma un dirigente ministeriale – che almeno sia leggibile”.
Ma Claudio De Vincenti – secondo le indagini – si sarebbe spinto anche oltre, fino a cercare il modo di chiedere al Consiglio Superiore della Magistratura (Csm) un’azione disciplinare contro il Pm Francantonio Granero della procura di Savona, che ha svolto le indagini preliminari insieme a Chiara Maria Paolucci, in un crescendo inverosimile di responsabilità politica e morale.
Una regione, una provincia, due comuni, due grandi ministeri come truppe – stipendiate dai cittadini – schierate per la strenua difesa degli interessi di un’azienda privata, e oggettivamente di una famiglia influente il cui capostipite, Carlo De Benedetti, si fregia del titolo di tessera numero uno del Partito Democratico.
Francesco Meneguzzo