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Omicidio di Vasto: giusta vendetta o brutale assassinio? Lo decidono i media

by Davide Romano
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Vasto, 2 feb – Italo d’Elisa è un ragazzo di 21 anni. E’ la notte del 1 luglio scorso, quando a bordo della sua Punto supera un semaforo rosso e investe Roberta Smargiassi, morta a soli 34 anni per i traumi riportati. Dalle analisi Italo non risulta né sotto effetto di alcol né di sostanze stupefacenti. Viene indagato per omicidio stradale, a breve avrebbe avuto la prima udienza del processo. Ma Italo non arriverà mai in tribunale, freddato con tre colpi di pistola all’addome ieri fuori da un bar di Vasto dal marito di Roberta, Fabio Di Lello.

Possiamo solo immaginare lo strazio del padre e della madre per aver essersi ritrovati con un figlio ammazzato poco più che adolescente, possiamo solo ipotizzare il desiderio di vendetta dei suoi cari. Chissà quali sarebbero state le reazioni suscitate dal tragico evento di Vasto, se i media invece di riportare la storia del marito inconsolabile che decide di vendicare la moglie, depresso e ossessionato da una “giustizia ufficiale” che riteneva non sarebbe mai arrivata, avessero raccontato la storia di un ventunenne che, invece di affrontare un processo per omicidio colposo (o stradale), è stato brutalmente assassinato.

Perché il punto è solo questo, per far di te un mostro o un eroe: la narrazione offerta dai media. E così la storia effettivamente romantica e tragica di Fabio e di quel comprensibile desiderio di vendetta per sua moglie, di quella pistola lasciata sulla sua tomba, del suo dolore inconsolabile e della sua ossessione, ha fatto breccia nell’opinione pubblica. Anche tra i lettori di Repubblica, tra quelli che inorridiscono per uno schiaffo dato o per un insulto politicamente scorretto, c’è chi è arrivato a giustificare un omicidio a sangue freddo di un ventunenne. Che è una cosa ben diversa dall’umana comprensione delle ragioni dell’omicida. E’ la potenza dello storytelling, direbbero quelli bravi che si occupano di comunicazione. La forza deflagrante dell’immedesimazione nell’epoca dell’individualismo, dove i maschi si sono sentiti tutti un po’ il marito ferito o e le femmine la moglie da vendicare. E “quello che l’ha investita”, alla fine senza nome e senza “storia”, tutto sommato se lo meritava.

E la colpa di tutto questo? Ovviamente dello Stato, della società, della Giustizia che non funziona. Perché alla fine se non ti “indigni” per o con qualcosa, non fai parte del club. “Se lo Stato non c’è è giusto intervenire”, “è assurdo che quello che l’ha investita fosse a piede libero”, “ha fatto bene”. Le proprie aspettative emotive e morali private si estendono alla cosa pubblica, tutti divengono statisti o giuristi. E poco importa se Italo, senza pericolo di fuga, inquinamento delle prove o possibilità di reiterazione del reato, era normale che non si trovasse in carcere. Poco importa se a breve si sarebbe celebrato il processo. Cos’è il diritto di fronte ai nostri sentimenti? Cos’è il diritto rispetto al dolore di un marito?

Davide Romano

 

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3 comments

Anonimo 2 Febbraio 2017 - 5:20

Lui è peggio dell’altro

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Anonimo 2 Febbraio 2017 - 5:53

Ed il giusto desiderio di vendetta dei genitori del giovane?

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Ugo 3 Febbraio 2017 - 7:04

In queste cose l’azione migliore è il silenzio, non il pettegolezzo.

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