Ovunque le avanguardie sono rispettate, ammirate, celebrate, senza condizionare la considerazione all’orientamento politico dei singoli artisti. Così Chagall, Delaunay, Max Ernst, Feininger, Kandinsky, Kokoschka, Fernand Léger, Franz Marc, Picabia, Kurt Schwitters, Klee. Con loro, nel 1921, alla Galleria «Die Sturm», a Berlino, espose un altro italiano, Julius Evola, demonizzato per la sua successiva adesione al fascismo, con l’effetto retroattivo di espellerlo dal sacro recinto dei grandi artisti, fra i quali sono stati ammessi Marinetti, Sironi, Achille Funi. Evola no. Eppure, a vedere le sue opere, finalmente esposte in palazzo Doebbing a Sutri, dopo una lunghissima quarantena, se ne intendono subito la novità e l’originalità, e la totale autonomia dall’esperienza futurista per una ricerca spirituale nella direzione dell’astrattismo, in parallelo con Kandinsky, stabilmente venerato.
Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di giugno 2021
Le immagini dense di interiorità di Julius Evola
Eppure la profondità di Evola è inequivocabile e argomentata in esplicite dichiarazioni: «Non tardai però a riconoscere che, a parte il lato rivoluzionario, l’orientamento del futurismo si accordava assai poco con le mie inclinazioni. In esso mi infastidiva il sensualismo, la mancanza di interiorità, tutto il lato chiassoso e esibizionistico, una grezza esaltazione della vita e dell’istinto curiosamente mescolata con quella del macchinismo e di una specie di americanismo, mentre, per un altro verso, ci si dava a forme sciovinistiche di nazionalismo. A quest’ultimo riguardo la divergenza mi apparve netta allo scoppio della Prima guerra mondiale, a causa della violenta campagna interventista svolta sia dai futuristi che dal gruppo di Lacerba. Per me era inconcepibile che tutti costoro, con alla testa l’iconoclasta Papini, sposassero a cuor leggero i più vieti luoghi comuni patriottardi della propaganda antigermanica, credendo sul serio che si trattasse di una guerra per la difesa della civiltà e della libertà contro il barbaro e l’aggressore». Idee condivisibili e immagini dense di interiorità e di autentica equivalenza formale.
Certamente utile è, in occasione della mostra di Sutri, misurare la concentrazione espressiva di Fortunato Depero con le opere rare di Julius Evola, la cui limitata produzione è stata raramente esposta (l’ultima volta a Milano nel 1998 a Palazzo Bagatti Valsecchi, a cura di Francesco Tedeschi e Carlo Fabrizio Carli). D’altra parte la stessa riscoperta di Evola è stata tardiva e ambigua, nonostante il fondamentale contributo di Enrico Crispolti. Oggi appare incontestabile la forza creativa e…