Londra, 9 mar – Stanno uccidendo Botticelli. “The Indipendent”, giornale britannico fondato nel 1986, che peraltro il 26 marzo uscirà per l’ultima volta in versione cartacea in seguito ad un calo di vendite che costringerà ad una versione unicamente online, non usa mezzi termini e, contro l’esposizione in corso fino al prossimo 3 giugno al Victoria and Albert Museum di Londra, “Botticelli Reimagined”, picchia decisamente duro. Nell’edizione dello scorso 7 marzo, infatti, ha trovato ampio spazio una recensione a dir poco velenosa e lunga ben due pagine sulla mostra in questione nel quale Boyd Tonkin, sui lavori esposti, sentenzia impietoso: “Significativi, forse – ma in ogni caso brutti”. Una solenne smentita, insomma, rispetto alle dichiarazioni di Ana Debenedetti, curatrice dell’evento insieme a Mark Evens, che portando ovviamente acqua al suo mulino aveva garantito: “ogni singolo lavoro presentato è significativo”. “Il più volgare mucchio di spazzatura e scorie di sempre”, giura invece Tonkin, secondo il quale, dalla reinterpretazione della “Nascita di Venere”, con Sean Connery e con Ursula Andress senza veli nei ‘panni’ della dea romana, fino alla versione “soft-porn” di David La Chapelle, passando per il tributo modaiolo di Dolce & Gabbana risalente alla collezione del ’93, chi ha a cuore l’artista italiano farebbe meglio a visitare la mostra “Botticelli and Treasures from the Hamilton Collection”, aperta fino al 15 maggio presso la Courtauld Gallery, all’interno della centralissima Somerset House.
“Appropriazione postmoderna”, “teoria dell’arte femminista”, “migrazione di immagini iconiche attraverso gli strumenti hi-tech”? “Si, conosciamo questo vecchio ritornello”, commenta pungente Tonkin ma, aggiunge, “la pura bruttezza della compiaciuta vendetta di questa sala sulla bellezza del Rinascimento nuoce allo sguardo e intorpidisce la mente”. Concentrandosi sul ‘progresso’ della tecnica rappresentativa dal quindicesimo secolo ad oggi, l’esposizione del V&A – secondo il cronista – trascura gran parte dell’identità artistica di Botticelli e poco lascia trasparire anche dell’importante legame con la scuola neo-platonica che mirava a ricongiungere Cristianesimo e Paganesimo. “Dimenticate”, prosegue l’articolo dell’Indipendent, “ogni nozione romantica sulla supposta musa di Botticelli, Simonetta Vespucci. Qui, diventa solo un pretesto per una serie di ritratti che tramutano il suo volto angelico ed i suoi capelli tortuosi in un insieme di variazioni sperimentali”.
C’è qualcosa che ricorda Andy Warhol, spiega Tonkin, ma “i discendenti ‘kitsch’ dell’artista, con le loro manipolazioni hi-tech di un’icona, tornano indietro di cinque secoli per sconsacrare il santuario di Botticelli. Noi ci troviamo a guardare il passato attraverso gli occhi del presente. E questo sguardo rivela un artista più innovativo, ancor più pieno di risorse, ma meno metafisico”. Una sonora bocciatura, insomma, che porta con sé diverse riflessioni sul materialismo nichilista di una parte dell’arte moderna e contemporanea, che svuota l’arte del suo fondamentale senso estetico per razionalizzarne i significati, privandola così del valore ‘simbolico’. E, cioè, di quel contatto diretto e privo di filtri ‘intellettuali’ tra oggetto e soggetto della pittura, che non ha bisogno di spiegazioni verbali, poiché, come avviene per i simboli, a trasmetterne l’essenza è l’immagine stessa, capace di unire il gusto del bello – dal quale l’arte non può prescindere – ad una forma di comunicazione super-razionale evidentemente ‘insufficiente’ per la società parolaia contemporanea.
Emmanuel Raffaele