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Caffè Giubbe Rosse, culla del Futurismo: adesso diventa “bene culturale”

by Ilaria Paoletti
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Firenze, 7 ago  – Il Caffè Giubbe Rosse di Firenze, ritrovo fisso dei Futuristi e teatro della nascita di Lacerba, una delle più importanti riviste culturali dei primi del Novecento, passa da caffè storico letterario a bene culturale sotto protezione del Ministero dei beni culturali.

Giubbe Rosse sotto tutela del Mibac

Su proposta della Soprintendenza di Firenze  il ministero dei Beni Culturali ha emesso il decreto che “alza di rango” lo storico caffé fiorentino. Il Mibac stabilisce quindi che d’ora in poi il Giubbe Rosse sarà sotto la sua tutela. Questa decisione volta a prendersi cura del locale storico giunge a pochi giorni dall’assegnazione (seppure provvisoria) del caffè da parte del Tribunale di Firenze, alla quarta asta, alla società Scudieri, a susa volta controllata attraverso il gruppo senese Nannini dal magnate kazako Igor Bidilo.

Fondato nel 1897

Il Caffé fu fondato nel 1897 con nome di Birreria Fratelli Reininghaus; il locale prese l’attuale denominazione dalla peculiare divisa dei camerieri riportante, appunto, delle sgargianti giacche rosse. Il Caffé diventò il ritrovo abituale dei futuristi fiorentini come  Giovanni Papini, Ardengo Soffici, Aldo Palazzeschi Negli anni successivi del Novecento è diventato tappa fissa per il gruppo di artisti e intellettuali che orbitavano attorno a riviste come Lacerba, La Voce, Il Selvaggio, Solaria. Tra di loro si annoverano Mario Luzi, Elio Vittorini, Alessandro Bonsanti e Umberto Saba, senza dimenticare Eugenio Montale. Secondo la Soprintendenza ai beni culturali di Firenze, il Caffè “rappresenta una testimonianza tangibile dell’atmosfera e del fervore intellettuali che animavano Firenze nel corso del Novecento”, e costituisce dunque “un forte valore identitario”.

Già esercizio storico del Comune di Firenze

Come esercizio storico certificato dal Comune di Firenze, il Caffé Giubbe Rosse aveva già il vincolo sugli arredi come l’insegna e la vetrata storica incorniciata in legno, le boiserie e i banconi in legno scuro degli anni Trenta, le lampade e le appliques complete di paralume in tessuto rosso. Il Ministero però non manca di ritenere “auspicabile” il ritorno di “numerose testimonianze tangibili costituite da cimeli, fotografie d’epoca, stampe e dipinti lasciati dalle varie correnti culturali e che adornavano le pareti del locale fino a tempi recenti”, che  al momento della dichiarazione di fallimento del locale non erano più presenti.

Ilaria Paoletti

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