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Musica: il ritorno del vinile o del vintage a tutti i costi

by Alessandro Bizzarri
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vinyl-1Roma, 31 dic – A gran parte dei lettori sarà capitato, nel periodo dello shopping natalizio, di fare un giro per centri commerciali ed imbattersi nel settore musicale di qualche multinazionale.

Tra l’ennesima raccolta di Vasco Rossi ed un rinato Gianni Morandi la cosa che balza subito all’occhio è un reparto in continua espansione: quello del disco.

Per disco non intendiamo il supporto ottico del compact disc ma proprio il vinile, quello che usavamo noi, i nostri genitori o i nostri nonni per ascoltare musica prima degli anni 80. Ed ecco riaffiorare come nuove “idee regalo” ristampe dei dischi dei Led Zeppelin, dei Black Sabbath, dei Velvet Underground, dei Pink Floyd, di Iggy Pop e la lista potrebbe continuare all’infinito. Non si parla di aria fritta: basta notare come l’ultima uscita dei Daft Punk “Random Access Memories” (2013) sia tra i vinili più venduti dal 1991.

Nell’epoca in cui neanche iTunes ma lo streaming musicale di Spotify comincia ad essere la maggiore piattaforma di ascolto per le masse, dopo il minimo storico di vendite toccato nel 2006 quell’affascinante supporto analogico a 33 o a 45 giri torna oggi in figure-4-the-market-share-of-different-recorded-music-formats-in-20131voga e spopola negli scaffali dei centri commerciali e non solo dei negozi di nicchia.

Che si tratti di un fuoco di paglia non ci è ancora dato saperlo.

Certo è che ormai sono passati un po’ di anni da quando il cd ha soppiantato il mercato del vinile ed era solo questione di tempo prima che esplodesse la moda del “vintage” anche in questo settore. Wikipedia, nella sua versione inglese, ha addirittura pubblicato una pagina apposita sul fenomeno chiamato “Vinyl Revival” in cui vengono riportate statistiche di vendita sempre crescenti.

In Inghilterra, nel novembre 2014, sono stati dichiarati venduti milioni di dischi in vinile, statistiche e picchi che non si toccavano dall’ormai lontano 1996. Appunto: si tratta di una moda o di un effettivo rifiuto verso un mondo musicale che diventa sempre più digitale, anonimo, piatto?

Se un tempo i negozi di dischi erano, oltre che un esercizio commerciale specializzato, un luogo di incontro e scambio per appassionati, oggi stanno quasi completamente morendo distrutti dal web. L’utente medio va su internet, trova il brano con più visualizzazioni, con l’immagine più interessante e dopo un rapido ascolto con due click scarica l’mp3 direttamente sul proprio iPod, basandosi unicamente sulle statistiche da social network piuttosto che sull’effettiva qualità artistica del pezzo.

chartoftheday_1465_Vinyl_LP_sales_in_the_US_nSi tratta di una logica spietata che in qualche modo ha ucciso, o quantomeno mutato, il mercato discografico – tanto che parlare di mercato discografico è ormai quasi un ossimoro dal momento che la scelta solitamente è se scaricarsi un file mp3 o ascoltarlo in streaming.

Possiamo quindi dire che si tratta di un fenomeno di rifiuto verso una logica commerciale che riduce una forma di espressione artistica a mezzo di pubblicità per brand di vario tipo o semplicemente dell’ennesima moda “hipster”?

Probabilmente entrambe le cose: in fondo il mercato di nicchia del vinile non è mai morto e gli appassionati sono sempre esistiti. Certo, piuttosto che sulle nuove uscite si è spesso basato sulla compravendita dell’usato o su poche ristampe piuttosto che nuove edizioni tanto da non far mai sparire le fiere del vinile o le bancarelle nei mercati.

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Ma considerato il boom delle richieste verso un mercato che fino a due anni fa poteva dirsi morto, con le (poche) fabbriche di stampa rimaste che non sempre riescono a stare al passo coi tempi sia in termini di qualità che di richieste tecniche e considerato che gran parte dei nuovi acquirenti non è neanche detto che abbia effettivamente un giradischi a casa, possiamo certo dire che c’è una fetta di mercato che considera il vinile come un feticcio, un oggetto di merchandising alla pari di una t-shirt, un affascinante oggetto di un’era passata da custodire in camera senza neanche ascoltarlo, magari per renderlo il soggetto di qualche foto filtrata da mettere su instagram per un pugno di like.

Senza dilungarci in pessimistiche questioni etico-esistenziali e prendendo atto che il fascino del vinile è, mai più di oggi, un fenomeno sociale affascinante piuttosto che un’effettiva esigenza tecnica come poteva essere in passato, è sicuro che gli appassionati “storici” e gli acquirenti originali di questo tipo di mercato possono di certo ritenersi felici. Le loro prime stampe oggi saranno molto più rare, oltre che realmente vintage.

Alessandro Bizzarri

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