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Albania, il premier Rama: “Investite qui, niente sindacati e tasse al 15%”

by Filippo Burla
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Visita del Presidente Matteo Renzi in AlbaniaTirana, 31 dic – Il semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea si chiude con la visita ufficiale del presidente del Consiglio Matteo Renzi in Albania. Scopo della missione fare il punto sull’adesione del piccolo paese balcanico all’Ue. Il processo si è aperto nel 2009 con la richiesta a Bruxelles e ha visto un importante giro di boa quando, quest’estate, Tirana ha ricevuto lo status di candidato ufficiale all’allargamento del consesso europeo.

L’ex sindaco di Firenze si dichiara «primo sponsor» dell’Albania, sottolineando il suo impegno per un’accelerazione delle trattative. «La politica estera italiana ha due capisaldi: il Mediterraneo e i Balcani, ieri luogo di guerra e oggi luogo di pace e speranza», ha affermato Renzi. «L’Albania è già in Europa, anche se non è ancora tra i 28. Bisogna allargare le porte della grande casa europea perché è giusto, utile, e serve per l’Europa ancora prima che per l’Albania o per i Paesi candidati», ha chiosato poi il premier.

Da parte sua, il primo ministro albanese Edi Rama ha preso la palla al balzo, invitando più o meno esplicitamente a delocalizzare le attività produttive a sud dell’Adriatico: «Non vorrei mettere in difficoltà Matteo dicendo agli imprenditori italiani di venire in Albania perché non ci sono i sindacati come in Italia e non si paga più del 15% di imposte».

Una situazione non nuova, dopo le problematiche di natura industriale che si erano sollevate nel 2007 all’atto dell’ingresso di Romania e Bulgaria. L’abbattimento delle barriere doganali, commerciali e normative è d’altronde un incentivo, sia pur indiretto, a spostare le produzioni nella ricerca delle condizioni di lavoro a più buon mercato.

Ed è forse questo che intende Renzi quando, con un volo pindarico non proprio adatto al piccolo cabotaggio della questione in sé, sogna che Italia e Albania siano in grado di «cambiare, perché siano sempre più capaci di costruire l’ideale europeo».

Filippo Burla

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