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Dal food delivery alle “dark kitchen”: così vogliono far fuori la ristorazione

by Chiara del Fiacco
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Roma, 10 gen – Quando qualche tempo fa parlavamo della possibile scomparsa di bar, pub, ristoranti, ancora non sapevamo che i vari signori Uber et similia avevano già pensato al post covid. O meglio: al post effetto covid, investendo milioni di dollari nelle nuove frontiere del food delivery dai nomi tristemente evocativi di Dark, Ghost e Cloud Kitchen.

La ristorazione uccisa dal food delivery?

Secondo uno studio della banca di investimenti Ubs, uscito nel rapporto di quasi 100 pagine dal titolo “Is kitchen dead?”, si stima che il food delivery mondiale crescerà fino a 365 miliardi di dollari entro il 2030. Con una crescita del 20% ogni anno rispetto al mercato dei 35 miliardi di oggi. Dati alla mano, infatti, in Italia (e la tendenza è la stessa se non superiore in tutti i paesi che hanno subito restrizioni) nel 2020 l’online food delivery è salito a 863 milioni di euro. In aumento del 46% rispetto al 2019. Ancora parliamo però di ristoranti e locali chiusi da Dpcm che hanno affidato ai rider la consegna dei loro prodotti. Preparati e confezionati dunque da cuochi facenti parte di una struttura che in condizioni di normalità esiste ed è aperta al pubblico.

Cosa sono le “dark kitchen”

Nel caso delle “dark kitchen“, invece, non abbiamo un ristorante o più in generale un locale con i suoi clienti, bartender, cuochi e camerieri, ma solo un luogo composto da quattro mura e una cucina con una serie di marchi (texmex, sushi, bisteccheria e via dicendo) e dei veri e propri operai la cui unica mansione è quella di assemblare prodotti preconfezionati e surgelati e riscaldarli con a seguire imballaggio e spedizione. La fine della ristorazione tout court e della socializzazione. Parliamo di milioni di persone che, già atomizzate dalle relazioni virtuali da social network, avevano almeno la possibilità nel fine settimana di uscire di casa, incontrare altri simili, passare del tempo insieme, conoscersi e chiacchierare e finire a parlare – sia mai! – di politica o dei grandi temi che concernono l’esistenza di ognuno di noi.

Dal lockdown all’autoconfinamento

Il futuro è già in atto. Soprattutto i suoi investitori. Quelli che, a differenza di tutti noi, hanno guadagnato miliardi grazie alla pandemia e alla crisi che ne è seguita. Proprio come gli avvoltoi che si avventano sui cadaveri per rosicchiarne e strapparne via tutto il contenuto, hanno preparato da anni questo mondo post apocalittico in cui l’uomo viene letteralmente svuotato da ogni legame con tutta la sua storia e quindi da se stesso. Gli mancava il pretesto per accelerare il processo e convincerci che da soli e a casa stava meglio che con gli altri e in società.

Al lockdown da covid seguirà quindi l’autoconfinamento. Lo smart working di Tyler Durden in Fight Club, la prigione mentale di Mr Tuttle in Brazil o di Miss Hammond in V for Vendetta, la quarantena infinita in compagnia di Alexa, Netflix, Deliveroo, Uber e Amazon. Big Brother is watching you. Buon 1984 a tutti.

Chiara Del Fiacco

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4 comments

Fabio Crociato 10 Gennaio 2021 - 5:15

Nella tomba verticale, appartamento stile Singapore, pochi costosi metri quadri… se cucini muori! Si fa fatica già a mettere una supposta. La porta si apre verso l’ esterno…

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Anton 10 Gennaio 2021 - 6:33

Mi sembra che questo articolo faccia il paio con quello del redattore Tajetti in merito alla “fuga da Facebook” (al quale, tra parentesi, mai sono stato iscritto; idem per quanto riguarda Twitter).

E riferendomi, in particolar modo alla chiusura dell’articolo, dico: ma scusate, perché mai dovremmo auto-confinarci? Dove sta scritto che alla chiusura per SarsCov-2 (il virus dell’influenza) debba, per forza di cose, seguire l’auto-confinamento? L’auto-confinamento sarebbe, eventualmente, una scelta personale e per alcuni è già così da diverso tempo e per i motivi più disparati.

Anche in questo caso, sarebbe sufficiente dire: NO! E’ certo banale ma è anche vero; evitiamo, noi per primi, questo genere di cose che sono proposte ma non imposte, anche perché a me sembra che a quella gente lì, interessi giusto una cosa: il denaro. E io – nei limiti del possibile – non do pappa a quella gente. Quindi niente consegne a domicilio, niente “dark kitchen” e soprattutto, niente auto-confinamento. Penso che, invece, sarebbe il caso di organizzarsi – per chi ha possibilità in questo senso, s’intende – per proporre un servizio di ristorazione alternativa e… “sovranista” (nel senso di liberi e padroni di noi stessi) un po’ come si è fatto nell’abbigliamento (Pivert, Radicato Stile Italico).

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Sergio Pacillo 11 Gennaio 2021 - 9:21

Prospettive promettenti.

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Cuneo, arriva il Cafè Covid Free: si entra solo se vaccinati e configurati tramite app - City Firenze 11 Gennaio 2021 - 4:50

[…] a norma i proprio locali per poi trovarsi a chiudere di nuovo fino alla “mazzata finale” arrivata col nuovo Dpcm, l’assurdo divieto di asporto (fatto per impedire gli assembramenti che, però, quando riguardano i riders che affollano i […]

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