Roma, 9 gen – Quando nel 379 a Teodosio Iviene affidata la parte orientale dell’Impero, di Roma ormai non rimane che uno sbiadito – seppur bellissimo – ricordo. Ultimo imperatore prima della divisione tra pars occidentalis e pars orientalis, alla morte di questo valoroso militare (395) sono i figli Arcadio e Onorio a succedergli. Il secondo in particolare – definito non a caso dallo storico inglese Edward Gibbon come “l’indifferente” – si dimostra assolutamente inadatto alla gestione della cosa pubblica: invasioni, rivolte, perdite territoriali, la decapitazione del magister militum Stilicone (408) e soprattutto – conseguenza di tale esecuzione – il sacco visigoto della città eterna perpetrato nell’agosto del 410.
Il sacco di Roma
Per diverso tempo infatti la reggenza della parte occidentale è tenuta proprio dal migliore dei generali. Il quale, per difendere l’Italia sposta nel 402 la capitale da Mediolanum – geograficamente troppo esposta – a Ravenna, al contrario difficilmente avvicinabile in quanto protetta “naturalmente” da fiumi (che allo stesso tempo ne facilitano anche il commercio) e paludi.
Mentre il nuovo centro della corte imperiale cresce sia urbanisticamente che a livello demografico, Alarico viola – dopo otto secoli di inespugnabilità – Roma. Tra il 24 e il 27 del mese dedicato ad Augusto i barbari riversano la loro violenza su edifici, statue e cittadini. Saccheggiati i viveri e spogliata l’Urbe dei suoi beni più preziosi, è fatta prigioniera Galla Placidia, sorellastra di Arcadio e Onorio.
I matrimoni e la fuga a Costantinopoli
Ataulfo, nuovo re barbaro, subisce la personalità della principessa imperiale. Il loro matrimonio (414) fa di quest’ultima anche la regina dei visigoti. Un’unione di brevissima durata, in quanto il nobile lupo muore l’anno successivo, non prima di aver restituito alla moglie parte dei tesori romani. Finalmente, dopo sei anni di prigionia, Galla viene riscattata, presumibilmente per un notevole quantitativo di grano.
Giunta nell’ormai ex base militare navale – dove secoli prima era di stanza la Classis Praetoria Ravennatis – sposa Flavio Costanzo, fedele generale, dal quale ha due figli: Onoria e Valentiniano, il futuro imperatore. I rapporti con l’inetto fratellastro però si incrinano irrimediabilmente costringendo la donna all’esilio forzato in quel di Costantinopoli, dove regna il nipote. La dipartita del senza erede Onorio (423) coincide con il ritorno di Galla Placidia in Italia, dove – non senza difficoltà – il figlio “sale” al trono. Data la giovanissima età del nuovo augusto d’occidente, è la madre che esercita il potere effettivo.
La bellezza come orizzonte
Oltre all’impegno per riavvicinare le due parti dell’impero, i dodici anni di reggenza (425-437) si particolarizzano per dedizione all’edilizia sacra e predisposizione verso le arti figurative: il centro ravennate viene infatti impreziosito con i colori indelebili e splendenti del mosaico. Degna di nota è la Basilica di San Giovanni Evangelista – chiesa più antica della città – edificata proprio in onore dell’apostolo autore del quarto vangelo. Fervente cristiana, scioglie così il voto fatto durante un’ardua traversata marittima.
La punta di diamante rimane però il mausoleo che porta appunto il nome della nobilissima. Semplice, quasi spartana, l’architettura esterna per quanto sfarzoso risulti l’interno: diversi ma complementari come uomo e donna, terra e cielo, giorno e notte. Con quello che sarebbe dovuto essere il luogo in cui riposare eternamente, la figlia di Teodosio I vuole evocare un vivere semplice nelle apparenze ma rigoglioso nell’animo. Galla Placidia più verosimilmente viene sepolta nell’antica Basilica di San Pietro, a Roma (dove fa restaurare San Paolo fuori le mura e rivestire con opere musive Santa Croce in Gerusalemme).
Una monumentalità destinata a vincere il tempo
In un mondo che di lì a poco sarebbe definitivamente crollato sotto i colpi di diverse forze centrifughe (e tra loro collegate: scorribande barbariche, crisi economica, affievolimento dell’autorità imperiale) le vicende della dinastia valentiniana-teodosiana – che confluiscono proprio in Galla Placidia – dimostrano che nonostante condizioni avverse lo spirito di Roma continua comunque imperterrito con la sua azione edificatrice.
Quotidianità liquida, svilimento del lavoro, spoliticizzazione. Epoche diverse e problemi differenti richiedono – ovviamente – soluzioni alternative. Non solo roccaforti e templi fisici, quindi. Per vincere l’era dell’usa e getta serve ritrovare un’originaria – ma sempre nuova – monumentalità interiore destinata a sconfiggere il tempo.
Marco Battistini