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Il Gesù dipinto di nero vessillo della nostra morte

by Lorenzo Zuppini
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Pietà di Michelangelo, scultura

Roma, 16 set – Un Gesù Cristo con la pelle nera è il sogno proibito di quella melassa di cattocomunismo che con Bergoglio ha conquistato campo, dunque opinione pubblica e visibilità. L’idea della redenzione dal peccato originale d’esser bianco non può che avvenire così, trasformando il figlio di Dio in un simbolo del terzomondismo più assatanato che, dai liberal occidentali sino alle frange di Black Lives Matter, vuol ripulire il mondo dalla simbologia bianca. È, naturalmente, una violenta operazione di cancellazione, di trasformazione, di miglioramento, esattamente come l’ideologia totalitaria marxista ha sempre profetizzato.

La riconversione al verbo politicamente corretto

Negli Stati Uniti è in corso una caccia all’uomo bianco, con attacchi non solo ai simboli occidentali ma ai singoli individui privi di pelle nera intenti a cenare al ristorante o a tornare casa dal lavoro. Viene chiesto loro di scusarsi per la colpa grave che li affligge: esser parte di un mondo, e, dunque, non esser parte di un altro mondo. Coerentemente con questo progetto di avvilimento della coscienza collettiva occidentale, financo e soprattutto i nostri simboli storici e spirituali debbono essere riconvertiti al verbo dominante politicamente corretto. La scelta della Pontificia Accademia di divulgare l’immagine della Pietà di Michelangelo con Gesù Cristo nero stretto tra le braccia di Maria è uno degli atti verso la determinazione di un mondo migliore, dominato dagli uomini migliori.

Mettendo in correlazione il messaggio mandato dalla Pontificia Accademia con l’ennesima violenza perpetrata da un extracomunitario ai danni di un italiano, oltretutto un prete, la trasformazione di Gesù in un uomo di colore significa che l’intero mondo cristiano e cattolico deve piegarsi ai dettami della nuova razza superiore. Significa che quel sacerdote ucciso rappresenta un sacrificio necessario per il raggiungimento del bene superiore, e difatti, il Gesù Cristo ridipinto di nero, simboleggia la genuflessione totale e incondizionata anche a fronte dei soprusi e delle violenze che la comunità bianca occidentale sta subendo. Nella Pietà non v’è pietà. Il dolore della Madonna che tiene in braccio il figlio morto è stato piegato di fronte alla necessità di colorare di nero la storia della cristianità. È stato ridipinto il corpo di un uomo inerme, morente, sofferente, che deve obbligatoriamente subire anche le ulteriori vessazioni di chi, torturandolo, vuol strappargli di bocca una nuova confessione: io non sono bianco.

La storia dell’Occidente è anche quella di Gesù

La purezza di questo colore, che difatti viene utilizzato per gli abiti dei sacramenti, è divenuto simbolo di una lotta mondiale contro l’Occidente e la sua storia. La nostra storia è anche quella di Gesù Cristo. I nostri ordinamenti giuridici si ispirano a valori generali che vietano la violenza, il sopruso, la vendetta, e che infatti prediligono il dialogo, il perdono, l’uguaglianza dei soggetti cosicché nessuno prevalga sull’altro. Non solo. I campanili segnano le ore e le chiese racchiudono la bellezza laica della nostra civiltà. Coerentemente con il verbo della cancel culture, dovrà essere sistematicamente spazzato via tutto ciò che rappresenta le rovine di un mondo che non ha saputo conservarsi e difendersi. Esattamente come Erdogan ha convertito una chiesa in una moschea, il nostro mondo è sulla via della conversione in una sterminata steppa arida dove i nuovi conquistatori pianteranno le loro bandiere. Sono i vessilli neri della morte. La nostra.

Lorenzo Zuppini

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