La guerra russo-ucraina è forse il primo conflitto per il pubblico occidentale completamente «iper-reale», per usare un termine caro al sociologo Baudrillard. L’idea di iper-realtà implica che la realtà fornita dai media – e oggi in particolare dai social – diviene l’unica fruibile per il cittadino-consumatore: alla fine passa dall’essere simulacro a «unica e vera realtà».
Il fucile e lo smartphone
Chiaramente questo processo è, soprattutto nel caso delle guerre, vero da decenni: la casalinga di Voghera ha seguito la guerra del Golfo tramite le dirette di Fede, non leggendo i bollettini militari o telefonando a un amico di Baghdad. Ma con l’arrivo della «comunicazione permanente» legata ai social, questo fenomeno ha preso una dimensione inedita. L’ecosistema social è differente perché immerge in un flusso continuo di informazioni, in un particolare formato che ha precise conseguenze sul piano della costruzione della narrazione.
Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di giugno 2022
Ad esempio, i social tendono a privilegiare frammenti di informazione molto semplici e una comunicazione continua, e a penalizzare chi sceglie, invece, di comunicare messaggi complessi. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: la guerra viene raccontata con un enorme coacervo di eventi di cronaca, vagamente tenuti assieme da una narrazione estremamente semplificata, manichea e che rifugge spiegazioni lontane o minimamente complesse. Pertanto, il pubblico italiano viene tempestivamente informato di un bombardamento al mercato di Mariupol (senza sapere dove sia Mariupol), ma riguardo alle cause che hanno generato la guerra, o anche solo quel bombardamento, nulla conosce, se non un vago racconto in cui esistono buoni e cattivi, bianco e nero, verità e propaganda e dove, casualmente, gli alleati dell’Occidente sono i buoni, la luce, il bene, mentre gli avversari – nello specifico i russi – il male inemendabile. Plausibilmente in Russia, d’altra parte, accadono le stesse cose a giudizi rovesciati.
Propaganda di guerra 2.0
Questo «ecosistema informativo» nel quale il pubblico è immerso, però, non è neutrale e rispecchia anzi una precisa agenda. Pertanto è estremamente più censurabile e controllabile dei vecchi sistemi comunicativi. Tra coloro che meglio di tutti, per un insieme di ragioni, hanno saputo meglio cavalcare questo nuovo modo di comunicare la guerra, troviamo proprio…
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