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Il cemento romano è più resistente dell’attuale e si autoripara

by Andrea Bonazza
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Roma, 12 gen – Che Roma costruì e lastrico il suo impero col marmo lo sappiamo bene e lo abbiamo ribadito più volte anche all’interno della nostra rubrica Sulle tracce degli avi. Ciò di cui andiamo ad interessarci oggi, però, è una nuova scoperta – se così si può definire – effettuata da un team internazionale di ricercatori. Questo gruppo di studiosi ha infatti analizzato diversi campioni di cemento romano prelevati da una cinta muraria nel sito archeologico di Privernum, in provincia di Latina. La scoperta che ne segue, oltre a far luce sui vari interrogativi annessi alle costruzioni di epoca romana, ci auguriamo porti maggior sicurezza su quelle, sempre troppo discutibili, dell’epoca contemporanea.

Il cemento romano contro la palude

La natura estremamente duratura e resistente all’acqua del cemento romano, anche dopo essere stato sommerso dalle maree per 2000 anni, da sempre affascina il mondo scientifico. Sebbene la ricetta esatta della composizione del calcestruzzo romano sia andata persa nei secoli, da quanto finora appreso gli ingredienti di base del cemento prodotto dall’Urbe sono cenere vulcanica, calce e roccia vulcanica. Uno studio del 2017, però, suggerì che quando l’acqua marina incontra il materiale vulcanico, i due elementi provocano una reazione chimica che produce un raro minerale cristallino che porta a rinforzarne la struttura. Pertanto, mentre il calcestruzzo moderno si deteriora rapidamente a contatto con l’acqua salata, il cemento romano si rafforza invece nel tempo.

La scoperta di Privernum

Sulla base delle ricette per il calcestruzzo trovate nei testi antichi, in precedenza si pensava che gli ingegneri romani usassero la calce spenta, ovvero la calce mescolata con l’acqua, come agente legante. Dopo una lunga ricerca, il team guidato da Admir Masic del Massachusetts Institute of Technology ha concluso che la calce viva, ossia ossido di calcio, è stata usata al posto o in aggiunta alla calce spenta. Le alte temperature prodotte dall’uso della calce viva hanno formato pezzi bianchi nel calcestruzzo, anche noti come clasti calcarei, non presenti nelle formulazioni odierne. “I nostri antenati – osserva Masic – avevano sviluppato un materiale eccezionale grazie al perfezionamento delle formulazioni nel corso degli anni. Non ha senso quindi omettere l’importanza di un ingrediente così accuratamente presente”.

SCIENCE ADVANCES / Hot mixing: Mechanistic insights into the durability of ancient Roman concrete | Immagine che illustra come si autoripara il cemento romano

Impariamo la lezione dal passato

I test della ricetta del calcestruzzo a base di calce suggeriscono che, quando successivamente esposti all’acqua, i clasti calcarei si dissolvono in eventuali crepe nel calcestruzzo, sigillandone conseguentemente i punti deboli. Gli scienziati hanno utilizzato tecniche di imaging multiscala e mappatura chimica ad alta risoluzione, per acquisire nuove informazioni sulla potenziale funzionalità di questi clasti di calce. Masic ei suoi colleghi hanno anche notato che le alte temperature prodotte dall’uso della calce viva per impastare il calcestruzzo ne hanno ridotto i tempi di maturazione e presa. “Il cemento ha consentito ai romani di rivoluzionare l’architettura – ha spiegato ancora Masic – Hanno creato le città e le hanno trasformate in un luogo meraviglioso e straordinario in cui vivere”. Insomma, quanto appreso oggi, nell’era del consumismo, dell’usa e getta e delle sfavillanti opere pubbliche dai piedi d’argilla, ci fa comprendere che, dalla storia e dalle tracce lasciateci in eredità dai nostri antenati, abbiamo ancora tanto da imparare. Iniziamo proprio dall’etica edilizia romana e dal suo cemento che si autoripara, riducendo l’impatto ambientale e garantendo maggior sicurezza al popolo.

Andrea Bonazza

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2 comments

jenablindata 12 Gennaio 2023 - 6:27

la differenza tra i costruttori romani e quelli odierni,
è che allora edili e ingegneri avevano carta bianca…
ma se poi il ponte o l’acquedotto crollava pagavano di persona,spesso con torture,schiavitù o pena di morte.

adesso invece vanno di carte bollate e denunce in stato di libertà per decenni,
mentre i soldi delle porcherie fatte se li mettono in tasca subito.

scommettiamo che se riformiamo gli appalti pubblici introducendo pene corporali,lavori forzati a vita\crocifissione per incapacità,truffa o dolo grave –

LA FINIAMO UNA BUONA VOLTA,
con le strade che vanno rifatte ogni cinque anni?

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Rita 14 Gennaio 2023 - 8:09

C’e’ qualcosa di patologico in cio’ che lei scrive. Scelga un professionista bravo, con una lunga esperienza e ripeta a lui la sua soluzione del problema e vedra’ che dopo qualche goccia di bromuro e l’assistenza psicologica necessaria si riaccostera’ al problema con un’altra apertura mentale diversa dall’uomo di neandertal e anche le soluzioni proposte saranno piu’ in linea con la nostra civilta’. Buina giornata.

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