Roma, 30 gen – La Prima Guerra Mondiale ha segnato il punto più alto raggiunto dall’Italia nella sua millenaria storia. Un esercito inferiore per tradizioni, storia, addestramento, a quello austro-ungarico, considerato il miglior esercito europeo dopo quello tedesco, dopo aver combattuto strenuamente per ben undici offensive era stato sul punto di vincere la guerra senza aiuto degli alleati nel 1917 – tanto che l’Austria dovette chiedere l’aiuto dell’alleato germanico – e, quando venne travolto a Caporetto nell’ottobre dello stesso anno, seppe fermare sul Grappa e sul Piave l’avanzata avversaria, senza aiuto, ancora una volta, dei franco-britannici, e infine vincere nell’ultima offensiva iniziata il 24 ottobre, ad un anno esatto dallo sfondamento a Caporetto.
Tutto questo a prezzo di sacrifici enormi, nel Paese e al fronte, al costo di 680.000 morti, infliggendo al nemico perdite superiori alle proprie. La stessa nazione, malgrado momenti di sbandamento, come i tentativi di insurrezione sovversiva a Torino con i socialisti massimalisti ben finanziati dai germanici, e l’opposizione e la sistematica propaganda sotterranea di carattere antinazionale del clero filoasburgico e reazionario, aveva dato un’ottima prova di coesione e di produttività. Soprattutto aveva smentito il vecchio mito degli italiani che non si battono. Si erano battuti, ed avevano vinto: quella stessa Italia che sessant’anni prima Metternich aveva definito con divertito disprezzo espressione geografica era riuscita dove avevano fallito Solimano il Magnifico, Federico il Grande e Napoleone, spezzando il collo all’odiata austriaca gallina.
Cloaca antinazionale, spurgo dei peggiori cascami di varia provenienza: dal baciapilismo farisaico dei papisti devoti al beato Carlo d’Asburgo , sino al sinistrume in tutte le sfumature di rosso, o comunque della divulgazione politically correct, sino ad improponibili libercoli a carattere cattolico-secessionista e anti-italiano pubblicati da una casa editrice riminese che mi dà fastidio soltanto nominare.
Il peggio di tutto è la ristampa, di cui proprio non si sentiva il bisogno, del libello
Degno figlio di tanto padre (il fustigatore del colonialismo italiano, quello che si scaglia contro il revisionismo… degli altri) da
parte mio non dirò cosa penso di chi è capace di scrivere una cialtroneria come che dietro le fanterie che andavano all’attacco c’erano i carabinieri con le mitragliatrici che sparavano su chi si ritirava.
Le mitragliatrici dei carabinieri vengono piazzate dietro le file destinate all’assalto con la disposizione di aprire il fuoco alla schiena dei soldati che avessero appena tardato a gettarsi fuori dalle trincee.
Idiozia copiata pari pari da quanto avveniva nell’Armata rossa a Stalingrado nel 1942, ma che in nessuna, dico nessuna, testimonianza di reduci della Grande Guerra viene riportata. Anche perché, tranne nei deliri del del Boca jr, non è mai avvenuto, anche per l’impossibilità tecnica di piazzare una mitragliatrice in una trincea; né i Regi Carabinieri avevano un numero adeguato di compagnie mitraglieri. Chi volesse farsi quattro risate, o incazzarsi a morte, può comprare l’opera appena citata, di delbocate ne troverà a bizzeffe.
Ma del resto, per taluni autori la realtà storica è un optional. Prendiamo Guido Sgardoli, Il giorno degli eroi, Rizzoli 2014, che si inventa una tregua tra italiani e austriaci nel natale del 1917.
L’autore ha dichiarato, in un’intervista al Gazzettino
Non potevamo lasciar passare un centenario come questo senza provare a raccontarlo ai ragazzi. La prima idea era di riproporre la famosa tregua di Natale del 1914 sul fronte occidentale tra inglesi e tedeschi. Poi, però, ho pensato che avrei potuto “inventare” una tregua avvenuta sul fronte italiano collocandola nelle zone originarie della mia famiglia e rappresentative per l’esercito italiano: il Piave del dopo Caporetto, fine 1917.
Certo. Spieghiamo ai ragazzi che la guerra era un volemose bene di tanti poveri cristi costretti ad ammazzarsi dai generali e dai politici; peccato che alcuni di questi poveri cristi avevano invaso il Friuli e il Veneto orientale, provocando la fuga di duecentoventimila profughi, e saccheggiando sistematicamente le risorse alimentari portando alla fame chi non era riuscito a partire. Magari ai ragazzi andrebbe raccontato che dopo la prima guerra mondiale venne istituita una Commissione d’inchiesta sui crimini compiuti dall’invasore dopo Caporetto. I suoi lavori si conclusero con la pubblicazione del volume Il martirio delle terre invase , nel quale si parlava anche dei numerosi stupri subiti da donne italiane.
In seguito, la “Reale Commissione d’Inchiesta” pubblicò le Relazioni della Reale Commissione d’inchiesta sulle violazioni dei diritti delle genti commesse dal nemico in sette volumi, usciti fra il 1920 ed il 1921.
Il IV volume dedica un intero capitolo alla ricostruzione delle violenze carnali inflitte a donne italiane da parte dei militari dell’esercito austroungarico: si tratta del capitolo Delitti contro l’onore femminile, all’interno del volume IV, L’occupazione delle provincie invase. L’argomento era ripreso nel VI volume, al cui interno si riportavano documenti e testimonianze.
I casi accertati di stupro da parte degli invasori furono 735, ma la relazione medesima ammetteva che ve ne erano stati moltissimi altri sfuggiti, anzitutto per vergogna delle vittime e delle loro famiglie. Gli stupri erano sovente accompagnati da violenze d’altro tipo. Ad esempio, un uomo venne legato ad un palo e costretto ad assistere allo stupro della moglie, prima di venire torturato ed ucciso. Spesso i mariti od i padri vennero assassinati durante le aggressioni sessuali, specie se cercavano di difendere le donne, ma anche in assenza di reazione. In altri casi, furono le donne a venire uccise dopo lo stupro: 53 furono uccise subito dopo, mentre altre 40 morirono giorni od anche mesi dopo in conseguenza delle violenze. Molte altri furono contagiate da malattie veneree. Le violenze avvenivano abitualmente a mano armata ed in gruppo e riguardarono donne d’ogni età, dalle bambine sino a vecchie ottuagenarie. Sovente le madri furono violentate davanti ai propri figli. Bella gente, per giocarci a calcio…e infatti non ci fu nessuna tregua. Il fante, il granatiere, l’alpino conoscevano bene il nemico. L’invasore.
Il 25 dicembre 1917, Natale, non è affatto giornata di tregua, ma di lotta intensa e cruenta: è un “Natale di sangue”. La battaglia infuria senza sosta su tutta la linea, soprattutto nel settore degli Altipiani. Anziché pensare ad una tregua, reparti nemici riescono a sfondare le difese italiane a Case Caporai ed infilarsi tra Col del Rosso e Col d’Echele. Gli italiani, fattosi buio, devono cautamente ripiegare sistemandosi lungo la linea Val Chiama inferiore-Col dei Noselari-Busa del Termine-Costalunga-C.Echar. Lo sfondamento nemico a Case Caporai ha un retroscena drammatico: l’annientamento del I battaglione del 78° rgt. fanteria (br. Toscana) ad opera dell’artiglieria nemica. Sopravvissero soltanto un ufficiale e meno di dieci soldati. Il 26 dicembre cessarono del tutto gli attacchi austriaci. Non solo gli italiani, ma anche gli austriaci sono stremati e hanno avuto perdite enormi di uomini e materiali. Ma per carità, non diciamolo ai ragazzi! Inventiamoci una tregua magari con gli alberi di natale e un soldato napoletano (non può mai mancare…) che canta Tu scendi dalle stelle…
Per ciò che riguarda le inorbate vedove dell’Austria [in]felix, pronte a versare lacrimucce biedermeier sulla tomba di quel
L’elenco sarebbe lungo, perché la rievocazione della Grande Guerra sembra un fiorire di luoghi comuni più numerosi che in un discorso di Bergoglio – e speriamo che non dedichi un intervento
In effetti il film non piacque a Emilio Lussu, come ricorda Rigoni Stern nella sua prefazione all’ultima edizione Einaudi di Un anno sull’altipiano. Lui, Lussu e Rosi andarono insieme a vedere il film. I due scrittori ne uscirono imbarazzati. Stimavano il regista, ma quello cui avevano assistito era davvero uno un capovolgimento del libro. Lussu aveva raccontato i terribili giorni della guerra sull’altipiano di Asiago con efficacia e sensibilità, e con attenzione alla verità storica. Rosi aveva realizzato un film antimilitarista e brutto, che stravolge completamente il senso e il messaggio del libro di Lussu, la cui condanna della guerra ha ben altro valore morale. Qui Rosi indulge ad una facile demagogia pacifista e antimilitarista oggi molto di moda, che rappresenta l’esatto contraltare (ugualmente fazioso e inattendibile) della retorica nazionalista in voga durante il fascismo.
Storicamente l’ufficiale ribelle interpretato da Volonté (arcigno, comunista e rombiballe, come lo definiva Federico Fellini) che Rosi fa fucilare è esistito veramente: ordinò ai suoi uomini di sparare ad un maggiore sconvolto da un bombardamento e uscito fuori di senno che aveva ordinato la decimazione di un battaglione che aveva abbandonata una galleria colpita dall’artiglieria austriaca, fu processato dalla Corte Marziale e… assolto.
Lussu era volontario e decorato con tre medaglie d’argento, anche se ciò non può cancellare la macchia indelebile dell’antifascismo dell’azionista sardo. Almeno per noi.
Non vale la pena di parlare del film che Ermanno Olmi ha dedicato alla Grande Guerra sull’Altipiano di Asiago, Torneranno i prati. E’ semplicemente brutto e noioso, e anche qui la storia è totalmente assente. Del resto non mi aspetto molto da un regista che ne Il mestiere delle armi fa parlare in bergamasco le truppe pontificie di Giovanni dalle Bande Nere. Ciò che fa capire tante cose è che sia stato presentato nelle nostre sedi diplomatiche e anche ai nostri militari all’estero per commemorare l’inizio della Prima Guerra Mondiale, il 4 novembre 2014. Ciò che lascia perplessi- e nauseati- è come il Governo del Boy Scout militesente (o riformato) scriva, nel comunicato ufficiale,
Oggi 4 novembre, anniversario dell’Armistizio, il film di Ermanno Olmi “Torneranno i prati” sarà proiettato in contemporanea in quasi 100 Paesi
Anniversario dell’Armistizio, si noti, non della Vittoria! Non dobbiamo più celebrare la più grande vittoria della nostra Storia, ma un mai avvenuto “armistizio”. L’armistizio di Villa Giusti, ignoranti, fu firmato il 3 novembre! Ma è l’europa che ce lo chiede, quella dei mercati, delle banche, dell’annientamento della storia e dell’identità nazionale, del concetto di Patria. L’europa, non l’Europa. Scrive Orwell che ci controlla il passato controlla il futuro, chi controlla il presente controlla il passato. Oggi come allora, bisogna sentirci in trincea. Non più con il ’91, ma con una penna, un libro, un cervello, con l’azione. Con una Bandiera.
Pierluigi Romeo di Colloredo
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Finalmente devo dire! Era ora! Pierluigi ti applaudo senza se e senza ma. Da leggere nelle piazze!
Che cumulo di retorica bolsa e ridicola. Articolo degno dei Popolo d’Italia.
Un articolo pieno di odio…
Chi ha dichiarato Guerra nel “radioso maggio” senza bisogno?
Innerkofler, Rittmeister… una faccia una razza…. capisco che vi bruci essere stati presi a calci nel sedere sino al Brennero nel ’18, ma così è stato, fatevene una ragione.
[…] di sinistra che vorrebbero appropriarsi di Fiume, magari sono gli stessi che elogiavano il lugubre e ideologico film di Rosi Uomini contro. Superfluo far notare che d’Annunzio sarebbe stato col famigerato generale Leone e avrebbe fatto […]