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La sparata arcobaleno di Alberto Angela: “L’uomo romano culturalmente era bisessuale”

by Michele Iozzino
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Alberto Angela

Roma, 29 sett – Stanno facendo discutere alcune affermazioni di Alberto Angela sul tema della sessualità degli antichi romani. Nella puntata di Ulisse – il piacere della scoperta dedicata all’imperatore Nerone e andata in onda ieri, il celebre divulgatore ha affermato che “l’uomo romano culturalmente era bisessuale”.

Alberto Angela e la sparata arcobaleno

“Le regole erano diverse, l’amore era vissuto in modo libero, non c’erano le categorie omo, etero o bi. C’era l’amore, che doveva essere vissuto in modo naturale, bello. Una cosa giustissima”. Parte da qui il discorso di Alberto Angela, salvo poi parzialmente smentirsi andando a usare proprio quelle categorie per descriverne la sessualità: “L’uomo romano culturalmente era bisessuale. Un imperatore come Claudio, che era etero, era visto in modo un po’ strano, come una sorta di eccezione in questa società. Giulio Cesare era bisessuale”. Affermazioni che hanno avuto un certo eco, anche politico. Infatti, c’è chi vi ha voluto scorgere una contrapposizione contro il clima “oscurantista” che si respirerebbe in Rai e nel Paese per colpa della destra al governo. Insomma, una ventata di progressismo e buoni sentimenti in prima serata ad opera di uno dei più amati divulgatori storici della penisola. Ma le cose stanno davvero così?

Il caso di Giulio Cesare

Che gli antichi romani vivessero la sessualità diversamente da noi è certamente vero, ma la lettura che ne dà Alberto Angela è piuttosto forzata. Partiamo da una delle affermazione più controverse, quella della bisessualità degli antichi romani. Se prendiamo il caso di Giulio Cesare, citato durante la trasmissione, le cose non sono così semplici. Le notizie dei suoi presunti rapporti con altri uomini ci arrivano dalle testimonianze dei motteggi e delle battute dei suoi soldati che, secondo un usanza molto diffusa per allontanare dal generale vittorioso le invidie degli dei, lo canzonavano dicendo “Cesare ha domato la Gallia, ma Nicomede ha domato Cesare”. Nicomede fu l’ultimo re della Bitinia e alla sua corte venne inviato un giovane Giulio Cesare in qualità di ambasciatore. Insomma, la “prova” della sua bisessualità deriva da voci, per giunta usate come sfottò.

La sessualità al tempo dei romani

Ma andiamo oltre il caso particolare. L’antica Roma non era di certo un paradiso Lgbt ante litteram. Anzi, molto spesso i tentativi di normalizzare e rendere accettabili le richieste del mondo arcobaleno finisco per piegare le interpretazioni storiche a loro uso e consumo. In un suo articolo e più approfonditamente nel saggio Contro l’eroticamente corretto, Adriano Scianca spiega come l’asse principale della morale romana nei confronti della sessualità (ma non solo) fosse quello tra attività e passività. Quindi la ricerca di un principio attivo e la condanna di uno passivo. Riprendendo le parole di Florence Dupont, a Roma “tutto è permesso, senza distinzione di sesso o di età, anche se con due riserve: l’abuso di piaceri sessuali è, come tutti gli altri abusi, un crimine morale, e poi conviene parlarne il meno possibile e non fare della sessualità un’arte, come i Greci, perché si tratta in quel caso di un’autentica perversione. Quanto al modo pratico in cui si realizza l’amore, non c’è comportamento permesso ed altri vietati; l’importante non è l’atto in sé ma ciò che rivela dell’uomo. Il grande insulto a Roma è trattare qualcuno da ‘effeminato’ (impudicus)”.

“Aspetti per caso che un uomo anche partorisca?”

Nell’antica Roma le regole erano effettivamente “diverse”, come sostiene Alberto Angela, ma lo erano in un modo che contraddice l’impostazione dominante di certo progressismo. Basti pensare ai versi di Marziali, che metterebbero una pietra tombale sua qualsiasi rivendicazione da parte di coppie dello stesso sesso di avere figli: “Ancora non ti sembra, Roma,di averne abbastanza? Aspetti per caso che un uomo anche partorisca?”.

Michele Iozzino

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