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Luisa Spagnoli: l’unica quota rosa è il merito

by Marco Battistini
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bacio perugina luisa spagnoli

Roma, 30 ott – Che anche il femminismo 2.0 abbia messo nel mirino la figura dell’uomo – bianco ed etero, ça va sans dire – per sostituirsi ad esso nelle stanze dei bottoni è cosa assodata. Che la relativa critica al suddetto movimento, al contrario, si trovi in una strada senza uscita ce lo spiega egregiamente Adriano Scianca. Noi che reazionari non siamo – né tantomeno progressisti – abbiamo la positiva presunzione di porci in una posizione più alta e centrata rispetto all’isteria sinistra e all’immobilismo destrorso. Alla trovata delle quote rosa – che riducono la donna a minoranza da salvaguardare – preferiamo l’esempio vivificante di chi il proprio domani se lo costruisce.

Gli inizi e la prima guerra mondiale

Luisa Spagnoli – al secolo Sargentini: prenderà il cognome del marito sposandosi ancora giovanissima –  nasce il 30 ottobre 1877 in quel di Perugia da una famiglia di umili origini. Proprio nel capoluogo umbro, in pieno centro e insieme al consorte, rileva una drogheria. Nei primi anni del ‘900, grazie all’entrata di nuovi soci, la trasforma in una piccola azienda. Le viene dato un nome fortemente territoriale – oggi conosciuto in tutto il mondo – “La Perugina”.

Scoppia la Grande Guerra e, con gli uomini impegnati nello sforzo bellico, insieme a due dei tre figli risponde presente convertendo la principale produzione (confetti) in prodotti a base di cacao, utilizzati al fronte per l’alto valore energetico.

L’intuizione di Luisa Spagnoli: il Bacio

Nel 1922 Luisa intuisce che il materiale di scarto – cioccolato e granella – può essere efficacemente riutilizzato. Prende forma un cioccolatino irregolare simile alla nocca sporgente del pugno pronto all’azione: il “Cazzotto”. L’amministratore delegato Giovanni Buitoni (presidente anche dell’omonima impresa pastaria) lo ribattezza con un nome più adatto alla commercializzazione. E’ l’inconfondibile “Bacio”, il cui confezionamento affida a Federico Seneca che rielabora un famoso quadro – inno all’amor patrio – del veneziano Hayez. Sempre dello stesso direttore artistico è l’idea del cartiglio: leggenda vuole che Luisa spedisse a Buitoni – inconfessato amante – messaggi personali avvolti proprio nei cioccolatini.

La Perugina si specializza così in dolci di alta qualità e gli apprezzamenti non tardano ad arrivare. Persino dalle più alte cariche politiche: “vi dico e vi autorizzo a ripeterlo, che il vostro cioccolato è veramente squisito!” dirà l’allora presidente del consiglio (il complimento viene poi riportato sulle uscite pubblicitarie).

L’Angora Spagnoli

Sempre nel primo dopoguerra la poliedrica donna si dedica anche all’allevamento dei conigli d’angora, particolari leporidi dall’apprezzata pelliccia. Senza “spargimenti di sangue” – dai simpatici animali viene ricavata una ricercata lana attraverso la spazzolatura – inizia a creare scialli e maglioni, segnalati come “ottimi” alla Fiera di Milano. Un tumore alla gola la condanna però a una morte prematura (1935). Sarà il figlio Mario a far sì che la piccola attività tessile da artigianale diventi il conosciuto marchio “Luisa Spagnoli”.

Una famiglia impegnata nel sociale

Oltre alle attività imprenditoriali di famiglia, l’impegno profuso per migliorare le condizioni lavorative dei propri dipendenti. Mentre alla Fiat ricevono inequivocabili telegrammi ministeriali (“Comunichi al senatore Agnelli che l’uomo non è una macchina adibita ad un’altra macchina”) nello stabilimento dolciario di Fontivegge gli Spagnoli realizzano uno spaccio, per dare la possibilità ai lavoratori di fare la spesa al termine dell’orario di lavoro, e soprattutto un asilo nido. A Santa Lucia, sede del “ramo” tessile, oltre alle casette a schiera per i lavoratori trova spazio anche un’apposita piscina.

In tempi – i nostri – dove per il pensiero unico dominante ogni scusa è buona per dividere, allontanare e distruggere i rapporti sociali rispondiamo con il vigore di chi, al contrario, ha saputo unire. Come “Il Bacio” di Hayez: l’incarnazione dell’italianità.

Marco Battistini

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