Roma, 4 mar – La tecnologia della comunicazione è più diffusa di quella dell’elettricità, dato che ormai raggiunge tre miliardi di persone in tutto il mondo. Se da un lato ciò garantisce la possibilità di agevolare gli scambi commerciali e la socializzazione, dall’altro occorre rilevare che il diritto alla privacy viene costantemente aggredito dalle multinazionali che operano sul mercato digitale. L’obiettivo di queste società è quello di conoscere a fondo il carattere, le abitudini e i comportamenti degli internauti, ovvero di penetrare fino in fondo anche nei più angusti meandri dell’animo umano al fine di rivendere queste informazioni alle imprese che pubblicizzano i loro servizi e prodotti su internet.
Ma fino a che punto è possibile sfruttare tali risorse senza ledere le garanzie dei diritti fondamentali delle persone? E soprattutto, ciò può mettere in discussione la democrazia liberale?
Il capitalismo della sorveglianza
Questo argomento assai delicato viene analizzato in Il capitalismo della sorveglianza. Il futuro dell’umanità nell’era dei nuovi poteri (Luiss University Press, 622 pagine, 2019, 25 euro), in cui Shoshana Zuboff mette in evidenza tutte le criticità della cosiddetta “civiltà dell’informazione”.
Muovendo dal pensiero di Karl Marx e dagli studi sociologici di Émile Durkheim e di Max Weber, l’autrice non esita a criticare in maniera mordace questo sistema, definendolo “capitalismo della sorveglianza” e argomentando che esso «si appropria dell’esperienza umana usandola come materia prima da trasformare in dati sui comportamenti. Alcuni di questi dati vengono usati per migliorare prodotti o servizi, ma il resto diviene un surplus comportamentale privato, sottoposto a un processo di lavorazione avanzato noto come “intelligenza artificiale” per essere trasformato in prodotti predittivi in grado di vaticinare cosa faremo immediatamente, tra poco e tra molto tempo. Infine, questi prodotti predittivi vengono scambiati in un nuovo tipo di mercato per le previsioni comportamentali, che io chiamo mercato dei comportamenti futuri»[1]
Orientare le scelte
La vendita di tali “condotte predittive degli internauti” consente a queste società di ricavare decine di miliardi di dollari e pertanto di arricchirsi in maniera spropositata, espropriando le esperienze umane e lucrando su di esse. Il capitalismo della sorveglianza non si limita però a questo. Vi sono infatti anche tecnologie idonee a modificare i comportamenti degli internauti, orientandone non solo le scelte commerciali, ma anche quelle politiche. Si pensi che nel 2008 Eric Schmidt (amministratore delegato di Google dal 2001 al 2011) è diventato consulente di Barack Obama, contribuendo in maniera significativa ad aiutarlo a vincere le elezioni presidenziali negli Usa. Al riguardo Shoshana Zuboff afferma che «il corrispondente politico del New York Times Jim Rutenberg, nel suo articolo sul ruolo fondamentale degli scienziati dei dati nella vittoria di Obama del 2012, ci offre un quadro molto realistico di come la raccolta e l’analisi del surplus comportamentale siano state usate come metodologia politica. Conoscevano “nome, indirizzo, razza, sesso e reddito di ogni singolo elettore indeciso” e il modo per fare arrivare loro spot televisivi mirati. Una chiave era il persuasion score che identificava quanto facilmente un indeciso potesse essere convinto a votare per il candidato democratico»[2]
Tuttavia, il vero obiettivo del capitalismo della sorveglianza si spinge oltre. I manager di queste multinazionali si pongono al di fuori della politica, dei partiti, delle lobby e molti di essi auspicano la tecno-utopia, una sorta di anarco-capitalismo il cui scopo è quello di rimuovere qualsivoglia legge che possa rallentare il progresso scientifico, in quanto a loro dire la tecnologia è troppo rapida per sottostare alle norme giuridiche. La realtà è che queste gigantesche società – cui profitti sono addirittura superiori a quelli di molti stati nazionali – hanno una visione molto più ampia e l’ambizione di costruire un “alveare umano digitale”, soggiogando la società umana attraverso l’intelligenza artificiale per renderla simile a bestiame da allevamento. Prepariamoci quindi a uno scenario che rappresenta plasticamente i peggiori incubi dell’immaginario distopico.
Francesco La Manno
[1] Shoshana Zuboff, Il capitalismo della sorveglianza: Il futuro dell’umanità nell’era dei nuovi poteri, Luiss University Press, Roma, 2019
[2] Ibidem
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