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Quando Leonardo da Vinci passò dalla Romagna

by Marco Battistini
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leonardo da vinci

Cesena, 15 apr – Romagna, ossia mondo romano. Tale toponimo deriva appunto da un’espressione tardo latina (Románia) indicante quella parte dello Stivale non sottoposta all’influenza longobarda. Oggi conosciuto come vitale triangolo di terra posto tra l’Appennino settentrionale e l’Alto Adriatico, nel corso dei secoli ha segnato punti di non ritorno della nostra storia nazionale: il passaggio di Cesare sul Rubicone, ad esempio. Ma non solo. Ha dato i natali a spiriti incendiari – Bombacci, Mussolini – nonché ospitato mostri sacri della cultura come Dante e Pound o il genio di Leonardo da Vinci (del quale oggi ricorre il 571esimo anniversario della nascita). Dall’agosto fino al dicembre 1502 il poliedrico talento rinascimentale soggiornò infatti lungo il tratto iniziale della Via Emilia, tra Rimini e Imola.

Leonardo da Vinci, architetto et ingegnero generale

In un quadro politico a dir poco instabile la Romagna, tra la fine del ‘400 e gli inizi del secolo successivo, si ritrova sotto il dominio pontificio. O meglio, di Cesare Borgia, figlio del papa Alessandro VI. In questo turbolento contesto il Duca di Valentino assegna a Leonardo il compito di valutare eventuali fortificazioni al territorio. Ovviamente l’architetto et ingegnero generale non si limiterà a un lavoro puramente “militare”: studierà le strutture, redigerà planimetrie, aggiornerà mappe già esistenti e prenderà tutta una serie di appunti vari ed eventuali.

L’itinerario vinciano

Nell’estate del 1502 il vinciano si trova – sempre al servizio del Borgia – nelle Marche. Da Pesaro e Urbino muove verso Rimini, dove arriva l’otto agosto. Nell’ormai ex centro malatestiano osservando una fontana registra sul manoscritto L – conservato oggi presso l’Institut de France – l’idea di progettare un particolare strumento musicale idraulico (“fassi un’armonia colle diverse cadute d’acqua). Due giorni dopo è già a Cesena: Leonardo rimarrà oltre un mese sulle rive del Savio. Allo studio – e relativo ammodernamento – delle mura cittadine affianca le più eterogenee annotazioni. Nella piccola agenda trovano infatti spazio osservazioni sui sistemi acustici utilizzati dai pastori locali, sull’arretratezza dei carri agricoli o su un ingegnoso sistema di appassimento dell’uva. Nonché un’attenta disamina sulle locali finestre.

Migliorativo poi l’intervento al porto della vicina Cesenatico, importante snodo commerciale alle prese con persistenti problemi d’insabbiamento. Risalendo verso nord, Faenza e Imola saranno le ultime tappe del passaggio romagnolo di Leonardo.

La Gioconda, un mistero (anche) romagnolo?

Siamo così al 1503, anno in cui verosimilmente il nostro iniziò a lavorare sulla Gioconda. Non è dato sapere se il passaggio in Romagna del da Vinci abbia in qualche modo ispirato l’opera oggi esposta al Louvre di Parigi. Ma tra i numerosi misteri che il capolavoro porta con sé, c’è anche quello del paesaggio. Tra le tante teorie in merito sappiamo che lo sfondo della Monna Lisa potrebbe essere riconducibile anche a una precisa zona della Valmarecchia. Secondo alcuni studiosi dietro l’enigmatica donna, attraverso un particolare effetto di restringimento dei luoghi effettuato dall’artista, ci sarebbe una veduta appartenente al piccolo borgo di Pennabilli. Località medievale apprezzata anche da – guarda caso – Dante e Pound. E’ la famosa chiusura del cerchio? Ovviamente no. Ma ci piace pensare che ci siano luoghi nella nostra amata Italia dove le menti più fertili della storia abbiano saputo – in qualche maniera – incontrarsi.

Leggi anche: Leonardo, l’italianissimo “europeo eterno”

Marco Battistini

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