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Stephen King passa alla lotta di classe (anzi no)

by La Redazione
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kingRoma, 14 mag – A prima vista potrebbe sembrare una svolta clamorosa: Stephen King lascia da parte vampiri e licantropi per abbracciare la lotta di classe. A leggere la sinossi di Mr. Mercedes, il nuovo romanzo del re dell’horror disponibile negli States a partire dal 3 giugno, uno potrebbe davvero cascarci. Anzi no, perché come sempre accade con King, le cose sono più complicate, o forse più semplici: dietro ogni attualizzazione c’è sempre un rimando arcaico, elementare. Che poi è il motivo per cui è sempre arduo tirare per la giacca lo scrittore.

Ma andiamo a Mr. Mercedes. Siamo in una cittadina del Midwest. È l’alba. Centinaia di disperati sono in fila fuori da una job fair, una di quelle occasioni in cui le aziende si presentano ai lavoratori in cerca di un impiego. Improvvisamente una Mercedes si abbatte sulla folla. Poi fa inversione, carica di nuovo e fugge via a tutta velocità. Sull’asfalto restano otto persone. La strage ossessiona gli incubi di un detective in pensione, Bill Hodges, che riceve anche una lettera da Bradly Hartfield, l’assassino, che minaccia di attaccare di nuovo. Da qui la più classica delle lotte contro il tempo, con il paladino della giustizia che ingaggia una sfida solitaria con il cattivissimo di turno.

L’idea di un’auto di lusso che falcia impietosamente dei poveracci fa pensare in effetti a un conflitto più sociale che metafisico, ma chi spera in una conversione di King alla letteratura impegnata rimarrà deluso, almeno a giudicare da ciò che per ora sappiamo della trama: tanto per cominciare, la Mercedes del delitto non è un’auto di proprietà, è stata rubata. E poi pare che Hartfield, il cattivo, non sia il classico figlio di papà in cerca di emozioni forti, visto che dai riassunti che girano in rete sembra che viva a casa con la madre alcolizzata.

Certo è che la crisi economica sembra aver toccato lo scrittore. Nelle corde dell’animo, beninteso, non nel portafoglio: tra aprile 2013 e aprile 2014 King ha guadagnato 82 milioni di dollari, una cifra che ha fatto di lui il più ricco scrittore del mondo, con un patrimonio netto stimato in 245 milioni di dollari. Numeri da capogiro, che hanno portato l’autore di Shining a chiedere formalmente di pagare più tasse per aiutare i meno fortunati.

Boutade solidali a parte, tuttavia, King resta King. La realtà sociale e politica è sempre e solo l’occasione per far emergere paure ancestrali e incubi archetipici. È così che Carrie – il primo romanzo, recentemente riportato al cinema dopo la trasposizione di Brian De Palma – parla, sì, di quello che oggi chiameremmo bullismo, ma solo per mostrare quanto potrebbe essere terribile vedere un’adolescente sfigata che si vendica dei soprusi con la telecinesi. Shining – di cui è uscito da poche settimane il sequel, Doctor Sleep – racconta il dramma dell’alcolismo e di un rapporto familiare difficile, ma prima ancora è una divagazione sul tema eterno della casa stregata. La Zona Morta prefigura un futuro fascistoide e la corsa del protagonista per evitarlo, ma in realtà parla soprattutto del caro vecchio dilemma sul superpotere come dono o come condanna.

Anche la svolta femminista degli inizi degli anni ’90, con Il gioco di Gerald e Rose Madder, racconta la presa di coscienza di donne succubi del maschio-padrone di turno, ma ben presto la tirata politicamente corretta lascia il posto al solito, terrificante elemento mitico: maniaci deformi che sorridono in penombra e mariti violenti trasfigurati in minotauri assetati di sangue.

In Mr. Mercedes l’elemento soprannaturale sembra essere assente, ma anche questa non è una vera novità: già Misery non era altro che un thriller perfettamente realistico, mentre una delle migliori prove del romanziere resta “Il corpo”, che è un semplice racconto sull’amicizia adolescenziale da cui Rob Reiner trarrà la famosa pellicola Stand by me. L’identificazione King-horror è talmente potente tuttavia, che una volta – è lo stesso scrittore a raccontarlo – un’anziana signora lo fermò in un supermercato del Maine aggredendolo verbalmente e intimandogli di scrivere, anziché le solite mostruosità, una bella storia toccante come quella che ha ispirato il film Le ali della libertà: «Ma… ma… l’ho scritta io», si difese. «Bugiardo», tagliò corto la donna.

E comunque non c’è da temere, perché il King più oscuro è sempre dietro l’angolo: a novembre, infatti, arriva Revival, che si annuncia un ritorno alle origini, sullo sfondo dell’America fondamentalista. Altro tema non inedito, per lui: Carrie è anche la ribellione di una figlia contro la madre bigotta, L’ombra dello scorpione racconta un Esodo postmoderno (mentre nel film Cimitero vivente vedremo lo stesso scrittore fare il ruolo del prete in un cammeo). Ma forse quel che fa più paura è la prolificità: King scrive 500 parole al giorno, fra le 8.30 e le 11.30, riposandosi solo a Natale, la festa del Ringraziamento e il giorno del suo compleanno. È il demone della scrittura. È sempre una questione di demoni.

(articolo uscito su Libero del 14 maggio 2014)

 

 

 

 

 

 

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