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Torna la Roma antica e sublime di Piranesi

by Simone Pellico
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PiranesiRoma, 6 mar – Quando Goethe scrisse “solo a Roma ci si può preparare a comprendere Roma”, mentiva. Infatti la sua preparazione alla città eterna era avvenuta in Germania, attraverso le vedute di Giambattista Piranesi, al punto da rimanere in parte deluso dal confronto con la realtà.

Piranesi, forse il più importante incisore del XVIII secolo – ma anche architetto e archeologo, vedutista e antiquario, designer ante litteram – ha infatti legato indelebilmente il suo nome a Roma, o meglio, alla sua Roma. Una Roma antica e sublime a cui il vento del tempo aveva scompigliato i capelli lapidei, e che il veneto Piranesi ha saputo acconciare in modo immaginifico, con la passione di un amante che ancora trova tutta la bellezza dell’amata invecchiata. L’incisore non nasconde le rughe di Roma: le rende monumentali. Nei denti caduti alla città lo spettatore intuisce la potenza del suo sorriso in gioventù. Piranesi non ha solo esplorato i monumenti antichi da disegnatore in cerca di una prospettiva da riprodurre: ne ha personalmente frugato i ruderi, si è addentrato nelle pieghe delle pietre del passato per reinterpretarle, per ritrovare nel monumento in rovina lo slancio che lo sollevò un tempo.

“Guardare all’antico per proiettarlo al presente” era un suo motto, ed infatti è riuscito a pompare nuovamente vita nel corpo di pietra di Roma. Usando punti di vista insoliti, spesso dal basso verso l’alto, Piranesi accentua la monumentalità e solennità delle architetture, che appaiono gigantesche. Il senso di potenza è accresciuto dall’uso drammatico della luce e dell’ombra, che creano un chiaroscuro palpitante. Le rovine di Piranesi non ammutoliscono nella decadenza, al calare del sipario sulla gloria imperiale. Al contrario sono “parlanti ruine”, che cantano l’eternità di Roma.

Attraverso le sue eccezionali conoscenze prospettiche, archeologiche e architettonico-urbanistiche, Piranesi ha trasformato il genere della veduta incisa da restituzione topografica a opera d’arte, al punto da modificare profondamente la percezione della città e delle sue vestigia. Un critico ha scritto che l’immaginazione di Piranesi era così forte che ha costretto i suoi contemporanei e i posteri a guardare l’architettura romana coi suoi occhi.
Come cartoline spedite da Roma al mondo, le immagini di Piranesi hanno creato un ponte invisibile verso l’Urbe, diffondendo in tutta Europa il mito della “magnificenza” di Roma, tappa obbligata del Grand tour.

Piranesi_villa AdrianaPiranesi pietra di fondazione, crocevia fra varie discipline e vari stili. Il suo percorso artistico lo ha fatto nominare padrino del neoclassicismo, così come del romanticismo e del gotico, del modernismo come dell’art deco, fino all’espressionismo. Uomo totale quindi, come quel Goethe che, insieme a molti pittori e letterati, subì il suo fascino visionario. Era il “sublime sogno” per Horace Walpole, la “mente nera” per Marguerite Yourcenar, la quale incontrò la Roma di Piranesi nel lungo tragitto di scrittura delle Mémoires d’Hadrien. In alcune stampe che comprò nel 1941, scoprì una veduta piranesiana di Villa Adriana che non conosceva, dove “esplosa come un cranio” si stagliava la cappella del Canopo, che la scrittrice ricomporrà nel proprio libro e riempirà dei pensieri dell’imperatore e del fantasma di Antinoo.

Le immagini di Piranesi non hanno mai smesso di chiamare a raccolta le persone nella città eterna. Esposta da sempre in tutto il mondo, oggi la sua Roma riemerge in Australia, alla Biblioteca Nazionale di Melbourne, dove dal 22 febbraio ne sono esposte 135 stampe. L’evento rappresenta la più grande esposizione mai realizzata in Oceania.
In Italia, invece, al Palladio Museum di Vicenza, il Campo Marzio di Piranesi del 1762 affianca fino al 18 maggio le immagini tratte dai film di Pier Paolo Pasolini, nonché importanti ricostruzioni storiche di “Mamma Roma”.

Buone visioni.

Simone Pellico

 

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