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C’è ancora vita nella narrativa italiana

by Matteo Fais
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narrativa letteratura

Ci sono libri che richiederebbero un approccio critico meno canonico, o quantomeno che potrebbero indurre a recensirli mettendo da parte gli strumenti più classici e un certo didascalismo sempre utile a fornire un accompagnamento propedeutico per il lettore meno avvezzo. La motivazione fondamentale sta nella natura sfuggente di tali testi. La narrativa oggi più diffusa ci ha abituati a romanzi di genere dal taglio molto netto e quindi facilmente incasellabili. La prosa degli autori, poi, anche a causa delle mortali scuole di scrittura, si è appiattita verso uno standard unico – a onor del vero, su questo aspetto molto peso ha anche l’intervento degli editor, le braccia livellanti dell’editoria italiana, i quali appianano qualunque peculiarità stilistica verso un canone universale.

Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di febbraio 2023

In tal senso, almeno in Italia, esiste una casa editrice che, nel corso degli anni, si è sempre distinta per una particolare attenzione verso i fenomeni letterari commercialmente più difficili, ma caratterizzati da specificità che li portassero a distinguersi dai prodotti più dozzinali e facilmente smerciabili. Si sta parlando, ovviamente, di Transeuropa. Fin dai tempi del compianto Pier Vittorio Tondelli, con le famose antologie degli under 25 – da cui prese le mosse anche un pezzo da 90 come Giuseppe Culicchia – venne sdoganato tutto un mondo che non avrebbe altrimenti trovato spazio nel già autoreferenziale universo editoriale nazionale, i cosiddetti «scarti alla riscossa» o «scarti generazionali».

La narrativa proposta da Transeuropa

Mutatis mutandis, Transeuropa non è venuta meno ai suoi propositi iniziali e, di recente, con una delle ultime figure di talent scout rimaste in circolazione, Giulio Milani, ha lanciato una collana, la Lab. Vale la pena leggere la presentazione, in cui si dice che questa «parte dall’idea di rilanciare la ricerca letteraria con il massimo di libertà e creatività possibile, senza cioè dare alcun peso all’ideologia del mercato e ai suoi protocolli di scrittura industriale standardizzati. Gli autori selezionati concorrono all’impresa e allo scopo di puntare tutto sulla ricezione critica del testo anziché sul venduto, superando i limiti di un sistema che affianca l’ufficio stampa solo ai titoli commercialmente più forti, ma magari meno interessanti dal punto di vista culturale, producendo la desertificazione e omologazione conseguente».

Una delle migliori e più recenti uscite, in tal senso, è certamente quella di Roberto Addeo, con Murati vivi, un unicum nella narrativa italiana, un testo strutturato e massiccio, apparentemente semplice nella scrittura, ma giocato nella sua complessità sul carattere sfuggente e indecifrabile: non bisogna approcciarlo chiedendosi «cosa voleva dire l’autore?», perché di tutto si tratta fuorché di un…

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