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Eurostat: in Italia aumenta il rapporto debito/pil. Peggio di noi solo la Grecia

by Salvatore Recupero
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debito rapporto debito/PilRoma, 23 lug – Il sangue scorre nelle città europee. Il Vecchio Continente è privo di punti saldi a cui ancorarsi. In questo caos, però, rimane un’unica certezza: l’aumento del debito pubblico italiano. In Italia, infatti, il rapporto debito/Pil è pari al 135,4%, ovvero a 2.228.741 milioni di euro. Il debito italiano è secondo solo a quello della Grecia, dove il rapporto con il Pil è del 176,3%. A fornirci questo dato è l’Eurostat. Secondo l’ufficio statistico dell’Unione Europea emerge un aumento del debito pubblico pari a +2,7% nel corso del primo trimestre del 2016 rispetto all’ultimo trimestre dello scorso anno.

Nell’Eurozona non tutti se la passano così male. Il rapporto deficit/Pil dell’area euro nel primo trimestre 2016 è calato invece all’1,6% dal 2,3% dell’ultimo trimestre 2015. Inoltre, nei ventotto stati dell’Ue è sceso all’1,8% dal 2,3%. Le entrate dei governi nei primi tre mesi dell’anno nei diciannove sono state pari al 46,3% del Pil, in calo rispetto al 46,7% dei tre precedenti, nei ventotto al 44,9% contro il 45,3%.

Non è solo questo il dato negativo che riguarda l’economia italiana. Il rapporto stilato dall’Istat sul fatturato e gli ordinativi dell’industria a maggio conferma questo trend negativo. Secondo l’Istituto Nazionale di Statistica: “La diminuzione del fatturato mostra andamenti simili sia sul mercato interno (-1,1%) sia su quello estero (-1,2%). Il calo degli ordinativi è dovuto soprattutto al mercato estero (-5,7%), mentre quello interno registra una flessione più contenuta (-0,6%)”. Inoltre, nella media degli ultimi tre mesi, l’indice complessivo del fatturato diminuisce dello 0,3% rispetto ai tre mesi precedenti (-0,4% per il mercato interno e -0,1% per quello estero), mentre quello degli ordinativi mostra una flessione del 3,1%. Se poi si confrontano i dati con quelli del 2015, il risultato è anche peggiore delle attese. Nel confronto con il mese di maggio 2015, infatti, l’indice grezzo degli ordinativi segna un calo del 4,2%. La flessione maggiore si osserva nella fabbricazione di mezzi di trasporto (-29,9%), mentre l’incremento più rilevante si registra nella fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica (+13,0%).

Passiamo poi al mercato del lavoro e ai presunti benefici del Jobs Act. L’ultimo osservatorio INPS sul precariato (dati da gennaio a maggio 2016) segnala un calo delle assunzioni dell’11,2% (-263 mila posti) nei primi cinque mesi dell’anno a circa due milioni. Il calo riguarda soprattutto i contratti a tempo indeterminato, che evidenziano una diminuzione del 34%, ma scendono anche le trasformazioni del rapporto in tempo indeterminato (-37%). Più stabili i contratti a tempo determinato, che registrano un incremento dello 0,6%, mentre va forte l’apprendistato con un aumento del 10,4% sul 2015.  Sempre indiscriminato l’uso dei voucher lavoro: ne sono stati venduti 56,7 milioni con un incremento del 43%. In sintesi, venute meno le agevolazioni fiscali calano anche le assunzioni. Con buona pace dei supporter del Jobs act.

Ma possiamo consolarci con qualche altro dato. Sempre secondo l’Istat a maggio 2016 le vendite al dettaglio registrano un incremento congiunturale dello 0,3% in valore e dello 0,2% in volume. Le vendite di prodotti alimentari aumentano dello 0,3% in valore e dello 0,1% in volume; quelle non alimentari crescono dello 0,3% sia in valore sia in volume. Anche se l’anno scorso stavamo meglio. Rispetto a maggio 2015, le vendite diminuiscono complessivamente sia in valore (-1,3%), sia in volume (-1,8%). Il calo più sostenuto si rileva per i prodotti alimentari: -1,8% in valore e -2,0% in volume. Crescono solo le vendite del settore farmaceutico (+2%). Probabilmente si tratta di calmanti.

Salvatore Recupero

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