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Big tech: riuscirà l’Ue a limitare lo strapotere dei colossi del web?

by Salvatore Recupero
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Bruxelles, 19 dic –  La Commissione Europea prova, per l’ennesima volta, a mettere alle strette le big tech della Silicon Valley. Stavolta l’Ue pare faccia sul serio. Questo è almeno quello che possiamo evincere dai due provvedimenti (il Digital Market Act e il il Digital Service Act), firmati dal vicepresidente della Commissione Ue, Margrethe Vestager, e dal commissario Ue per il Mercato interno, Thierry Breton. Prima di interrogarsi sull’efficacia di tali misure, cerchiamo di capire meglio di cosa si tratta.

Cosa ha deciso Bruxelles?

Il 15 dicembre su Twitter la Vestager annunciava: “Il Digital Service Act (Dma) e il Digital Market Act (Dsa) creeranno nuove regole per tutte le piattaforme online”. Il riferimento abbastanza esplicito è alle cinque maggiori multinazionali dell’information technology: Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft.

Il Digital Market Act servirà a contrastare le pratiche lesive per la concorrenza comunitaria, (a partire dall’abuso di posizione dominante contestato alle big tech). Il Digital Service Act, invece, avrà l’arduo compito di “responsabilizzare” le piattaforme digitali rispetto ai contenuti veicolati, obbligandole a un ruolo di moderazione ed eventuale rimozione di contenuti inadeguati.

Tornando al tweet della Verstager, ciò che colpisce di più è la presenza di un semaforo. Il messaggio è chiaro. La Commissione mira a diventare una sorta di vigile urbano pronta a multare le big tech. Chi passa con il rosso sarà sanzionato: le multe vanno dal 6 al 10% del fatturato annuo realizzato in Europa. Da oggi, quindi, i colossi della Silicon Valley rischiano un bel verbale se non rispettano le regole sulla concorrenza Ue o quelle sulla gestione dei contenuti diffusi online. Secondo il Financial Times la Commissione sta, anche, valutando misure più drastiche per le aziende recidive. In particolare, Bruxelles sarebbe intenzionata a intervenire per “scindere strutturalmente” le aziende che hanno trasgredito le regole sulla concorrenza per tre volte nell’arco di cinque anni.

Sarebbe fin troppo semplice fare della facile ironia sull’entusiasmo della “commissaria”, ma non possiamo fare a meno di sottolineare le contraddizioni di queste norme.

Un intervento tardivo

In primis, ci sono voluti venti anni per creare delle regole antitrust da applicare ai giganti del web. Questa premessa ha delle conseguenze ovvie: si legifera su ciò che ormai è prassi consolidata. Insomma, il recinto sarà anche bello, ma i buoi che erano dentro sono già scappati da un pezzo.

Solo negli ultimi dieci anni i big tech hanno portato a termine circa 400 acquisizioni. Facciamo qualche esempio. Google ha messo le mani su due piattaforme di pubblicità online concorrenti: AdMob e Doubleclick. Il colosso di Mountain View si è accaparrata ha acquisito anche YouTube. Facebook non è stata a guardare: Mark Zuckerberg ha comprato Instagram e su Whatsapp.

Questo processo di accentramento ha portato i due big della Silicon Valley a controllare l’84% della pubblicità on line. Potremmo parlare anche di Amazon, ma servirebbe solo a confermare quanto detto finora.

Non ci sarà nessuna guerra ai big tech

Detto ciò, pensiamo davvero che i provvedimenti della Commissione Europea possano fermare questo treno in corsa? La risposta è fin troppo scontata. Senza voler infierire, dobbiamo anche dire che i provvedimenti non sono operativi e non lo saranno ancora per molto tempo. Manca il voto del Parlamento. Un’approvazione tutt’altro che scontata. Potrebbero passare diversi anni. Sia Facebook che Google hanno assoldato decine di lobbisti che faranno “carte false” per ammorbidire le sanzioni. Quando, (e se) il Dma e il Dsa saranno definitivamente operativi potrebbero rivelarsi inutili. Tuttavia è probabile che l’impianto normativo non venga completamente smantellato.

Ad esempio, c’è un riferimento chiaro alla categoria dei post o contenuti da cancellare. Qui il corollario è vasto: si va dalla violazione del copyright, ai contenuti terroristici o al materiale pedopornografico con un focus particolare sul cosiddetto hate speech, discorsi di incitamento all’odio. Su quest’ultimo punto siamo sicuri che le big tech saranno più realiste del re. Facebook ha già dimostrato di saper essere un censore severo contro i politici che fanno affermazioni controcorrente.

Il finale, dunque, sarà molto triste: consegneremo i dati sensibili degli europei alle big tech pur di non urtare la “sensibilità” di qualche benpensante.

Salvatore Recupero

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4 comments

Sergio Pacillo 19 Dicembre 2020 - 10:16

Come invidio gli inglesi !

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tommaso bisi griffini 20 Dicembre 2020 - 11:02

Basta mettere il vincolo per cui nessuna azienda possa controllare più del 1% del mercato di un certo settore in ogni stato. Questo deve valere per tutte le multinazionali comprese le banche. Così si torna ad avere un libero mercato vero. La rimozione dei contenuti non adeguati serve soprattutto per chiudere la bocca ai dissidenti di destra.

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Sorpresa: gli Stati Uniti sono visti all’estero come una minaccia per la democrazia 6 Maggio 2021 - 12:23

[…] è quello che vede circa la metà degli intervistati (48%) ritenere che il potere delle cosiddette Big Tech (Google, Facebook, Amazon, Microsoft e Apple) rappresenti una minaccia per la […]

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Altro che esempio di libertà e democrazia: gli Usa percepiti come una minaccia più di Russia e Cina. Sondaggio - Rassegne Italia 6 Maggio 2021 - 2:05

[…] è quello che vede circa la metà degli intervistati (48%) ritenere che il potere delle cosiddette Big Tech (Google, Facebook, Amazon, Microsoft e Apple) rappresenti una minaccia per la […]

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