Roma, 8 giu – La crisi ha morso e continua a mordere forte. I risicati tassi di crescita, nell’ordine delle percentuali da zerovirgola ma portati in palmo di mano, non aiutano a recuperare i margini che abbiamo perduto nel tempo. E per tornare ai livelli precedenti gli anni di crisi serviranno almeno 15 anni. A sostenerlo è l’ufficio studi Confcommercio.
Le famiglie italiane, nel periodo 2007-2014, hanno dovuto fare i conti con una riduzione del 12.5% del Pil, del 14.1% del reddito disponibile e dell’11,3% per quanto riguarda acquisti di beni e servizi. Considerando una crescita dell’1.25% annuale nel prodotto interno lordo -percentuale ad oggi molto ottimista, al netto di misure straordinarie e dunque non strutturali quali il quantitative easing della Bce- i consumi torneranno ai livelli antecrisi solo nel 2030, mentre per i redditi bisognerà addirittura aspettare il 2032. Stime di lungo periodo sono in verità difficili da fare, ma se dovesse concretizzarsi lo spettro della ripresa senza creazione di posti di lavoro (la cosiddetta jobless recovery) e dunque senza circolazione di reddito, l’asticella del 2032 potrebbe addirittura scivolare ben più avanti.
Le ultime rilevazioni fatte dall’associazione dei commercianti sembrano d’altra parte -pur offrendo dati parzialmente positivi- non confermare le ipotesi: nel mese di aprile gli acquisti finali segnano +0.5%, dopo l’ennesimo calo (-0.1%) registrato a marzo e certificato anche dall’Itsta. Siamo ancora lontani dagli obiettivi posti alla base dello studio e cioé +0.95%. Ogni mese che passa è sempre maggiore il tempo che si perde.
Anche qualora le stime di crescita dovessero raddoppiare e quindi il Pil toccare in media il 2.5% -spiegano sempre da Confcommercio- servirebbero comunque fra i 6 e gli 8 anni per tornare allo stato del 2007. Si tratta però di una mera ipotesi numerica visto che, si legge sempre nello studio, sono tassi di crescita che “la nostra economia non sperimenta da tempo”.
Filippo Burla