Milano, 17 giu – Un’offerta a nove zeri, valida fino a luglio ma che molto probabilmente è già destinata a cadere nel vuoto. Perché Giuliana e Marina Caprotti, rispettivamente vedova e figlia del fondatore di Esselunga Bernardo, hanno scelto di resistere ai miliardi che da Pechino erano pronti ad arrivare in contanti per prendere il controllo dell’azienda di famiglia, il colosso della grande distribuzione entrato da decenni nella nostra vita di tutti i giorni. “In relazione ai recenti articoli di stampa desideriamo precisare a tutti Voi che l’Azienda non è in vendita“, si legge nella brevissima ed essenziale lettera che le due dirigenti, cui fanno capo il 70% di Supermarkets Italiani (spa sotto la quale stanno tutti i punti vendita Esselunga) e il 55% di Villata partecipazioni (che ha invece in carico gli immobili del gruppo), hanno inviato agli oltre 23mila dipendenti per rassicurarli sui piani futuri della società.
Dopo la morte del patriarca Bernardo, che nel testamento dava indicazioni di vendere all’estero per evitare lo spezzatino della sua creatura e soprattutto impedire che finisse in mano alle Coop, da oltreconfine sono già arrivate numerose proposte per rilevare la catena di supermercati tricolore che della qualità e di innovative pratiche di commercializzazione ha fatto il suo tratto distintivo. Stime di un anno fa valutavano Esselunga attorno ai 6 miliardi, cifra di molto inferiore rispetto ai 7,3 offerti dal gruppo cinese Yida Investment Group. Una differenza in positivo non sufficiente però a piegare madre e figlia, che sembrano invece orientate a riprendere il pieno ed effettivo controllo delle redini della società. Strategia che passa per la liquidazione del 30% in mano ai soci di minoranza, gli altri eredi Giuseppe e Violetta rimasti esclusi – se non per la quota di legittima loro spettante – dalla successione.
Filippo Burla