Roma, 9 ago – Se scompare (il lavoro, ndr), così sia, è evidentemente necessario che succeda. Che senso ha produrre acciaio qui se possiamo acquistarlo spendendo tre volte meno in Indonesia?”. Chi avrà partorito questo delirio? Sarà stato un utente burlone sui social in preda alle battute di cattivo gusto? Niente affatto, a dichiararlo – in una intervista concessa al quotidiano belga L’Ècho -, è stato l’economista Pierre Regibeau, ex braccio destro del commissario Ue per la Concorrenza, la danese Margrethe Vestager. Secondo Regibeau, che è anche docente universitario, se l’industria pesante europea rischia di scomparire per via delle regole imposte dalle misure adottate per la transizione ecologica, non è un problema, anzi, è pure giusto così. Della serie: decine di migliaia di persone perderanno il lavoro a causa del green? Va bene così.
Il green uccide il lavoro? “Pazienza, le economie sono flessibili”: il delirio di Regibeau
Secondo l’economista belga, decisamente noto negli ambienti europei, i drammatici effetti sull’occupazione non sono un problema: “Se seguissimo questo ragionamento, avremmo ancora 40.000 minatori a Liegi. Non facciamoci illusioni. Le economie sono flessibili, si evolvono. Gli urti vengono assorbiti”. Una follia talmente lampante da lasciare senza parole. D’altronde, come specificato da La Verità nel riportare la notizia, Regibeau fa parte del gruppo integralista dell’ambiente, ed è disposto a tutto pur di agevolare il green. Costi quel che costi insomma, pure decine di migliaia di posti di lavoro. Siamo dunque al fanatismo delirante.
C’è da dire però che non tutti a Bruxelles la pensano come questo economista “ambientalista”, per fortuna. Margaritis Schinas, vicepresidente della Commissione, ha subito preso le distanze da quanto dichiarato dall’economista belga: “Tali opinioni possono costituire buoni titoli ad agosto, ma in nessun caso rappresentano la Commissione. Ci sono voluti una pandemia e una guerra per rendersi conto che l’Europa ha bisogno di una solida capacità industriale e di autonomia strategica”.
Alessandro Della Guglia