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Istat: Pil +0.3% nel primo trimestre. Ma è vera crescita?

by Filippo Burla
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IstatRoma, 29 mag – Nel primo trimestre dell’anno 2015 il Pil ritrova il segno positivo. A rilevarlo è l’Istat, nei suoi conti economici nazionali. Il Pil “corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato -si legge nel comunicato diffuso- è aumentato dello 0,3% rispetto al trimestre precedente confermando la stima preliminare diffusa il 13 maggio 2015 scorso. La crescita del Pil è stata dello 0,1% nei confronti del primo trimestre del 2014“.

Dati positivi anche per quanto riguarda l’andamento dei prezzi, che tenta di segnare un’inversione di tendenza rispetto ai pericoli deflattivi: nel mese di maggio, secondo le stime preliminari, si registra un aumento dello 0.2% rispetto all’anno precedente. Cambia quindi il segno rispetto al -0.1% di aprile.

Basta per parlare di uscita dalla recessione? Probabilmente no.

Anzitutto l’esiguità del dato, che stante la percentuale da prefisso è troppo basso per reggere eventuali effetti di stock, che potrebbero azzerarlo o addirittura invertirlo. Anche se non si tratta di una previsione ma di un dato a consuntivo, inoltre, vanno sempre considerati gli errori di stima che negli anni hanno sempre fatto la parte del leone.

In secondo luogo, nel primo trimestre del 2015 la popolazione è aumentata dello 0.4%. Ciò che ne deriva è, pur a fronte di un aumento del Pil (più basso), una diminuzione del Pil pro capite: si tratta dunque di una perdita netta.

Terzo motivo di preoccupazione è l’Istat stessa a rilevarlo: “Rispetto al trimestre precedente, i principali aggregati della domanda interna mostrano andamenti dissimili, con i consumi finali nazionali in lieve diminuzione (-0,1%)“, si legge sempre nel documento dell’Istituto di statistica. La domanda interna mostra quindi ancora una tendenza asfittica, facendo così dipendere l’andamento dei conti nazionali dalle esportazioni. Queste ultime sono cresciute, fra gennaio e marzo, del 3.8%: fra le altre cose, ha pesato la perdita di valore dell’euro, passato da 1.25-1.30 sul dollaro a fine 2014 ad una media attorno ai 1.10-1.15 nei primi mesi dell’anno. Effetto dovuto o meno all’attesa del quantitative easing, si tratta comunque di una variabile aleatoria, sulla quale non è possibile fare acritico riferimento per statuire che l’Italia è fuori dalla recessione.

D’altronde, dati più strutturali come quelli sull’andamento della disoccupazione e dell’occupazione (ed invero anche della disoccupazione giovanile) non permettono facili ottimismi. Lo spettro della ripresa senza creazione di posti di lavoro -e quindi di una ripresa non destinata a durare nel tempo- è dietro l’angolo.

Filippo Burla

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