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Le terre rare segnano presente e futuro: come si muove l’Italia e perché serve una strategia comune europea

by Salvatore Recupero
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Roma, 29 gen –  Le terre rare fanno gola a tutti. Dalla Cina agli Usa ma soprattutto agli europei. In questo campo, infatti, l’Ue dipende completamente dai cinesi e dai russi. È necessario studiare una strategia per limitare questa dipendenza. Al momento, però, il Vecchio Continente si muove in ordine sparso.

Francia e Germania per esempio a detta de Il Sole 24 Ore stanno pensando di istituire un “fondo nazionale per le materie prime”, per sostenere il finanziamento di nuovi progetti di estrazione, lavorazione e riciclaggio di materie prime. E l’Italia? Anche noi cerchiamo di fare la nostra parte. Vediamo come.

Un convegno importante

Un convegno ha riaperto il dibattito sull’importanza di questi minerali. Si è svolta il 25 gennaio a Berlino presso l’Ambasciata italiana la tavola rotonda su “Terre rare e transizioni gemelle”.

L’Ambasciatore italiano Armando Varricchio ha sottolineato che “Italia e Germania, prima e seconda potenza manifatturiera di Europa, condividono un forte interesse ad assicurare anche a livello europeo la definizione di una strategia sostenibile e di resilienza dell’industria. E quindi potranno definire le giuste priorità nell’agenda europea per l’approvvigionamento di materie prime e terre rare”.

Inoltre secondo Varricchio “la fornitura globale delle materie prime critiche giocherà un ruolo centrale nel nostro futuro per raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica, e per far questo la cooperazione internazionale sarà cruciale”.

In pratica, il diplomatico italiano tende la mano alla Germania per provare a fare gioco di squadra nell’ approvvigionamento di materie prime rare. Vediamo ora come risponde Berlino.

La visione della Germania

Per spiegare le intenzioni di Berlino, è intervenuto il segretario di Stato al ministero dell’economia e del clima (BMWK) Franziska Brantner. Quest’ultimo ha spiegato come gli eventi degli ultimi anni (la pandemia e la guerra in Ucraina) hanno messo in luce l’importanza della dipendenza dalle catene di approvvigionamento globali e i rischi per le forniture di materie prime.

“Questo vale per tutti i Paesi Ue- afferma Brantner- ma in particolare per Germania e Italia come economie manifatturiere. Da qui la necessità urgente di una diversificazione delle linee di approvvigionamento, soprattutto per via della dipendenza asimmetrica dalla Cina”. Per Brantner “bisognerà creare più collegamenti tra l’economia circolare in Germania e quella in Italia”. Insomma, almeno su questo punto Berlino si mostra disponibile con Roma.

Ma non si sofferma solo sull’Italia il segretario di stato tedesco. Sul Fondo tedesco per le materie prime (Raw Materials Fund), Brantner ha detto che è al momento un progetto e che anche la Francia intende lanciarne uno.

Il parere dei tecnici

Non mancano nella tavola rotonda gli interventi dei tecnici anche alla luce delle scoperte di nuovi giacimenti in Europa.

Massimo Gasparon, direttore generale di ERMA (European Raw Materials Alliance – Association Alleanza Europea per le Materie Prime) presso l’EIT (Istituto europeo di innovazione e tecnologia), nel suo intervento ha messo in guardia contro la dipendenza da Paesi esteri non solo nelle materie prime ma anche nella manodopera specializzata.

Per Gasparon, l’Europa può estrarre materie prime per coprire il 20-25% del fabbisogno entro il 2030. Il direttore di Erma ha detto che: “Servono più cooperazione e più riciclaggio, più consapevolezza da parte dei consumatori che devono cambiare le proprie abitudini. Ma soprattutto bisognerà semplificare i percorsi dei permessi, perché troppo lunghi e complicati, e serviranno più investimenti, più risorse finanziarie: la prima raccomandazione deve essere la promozione di più investimenti pubblici per stimolare gli investimenti privati”.

Giacomo Vigna, economista responsabile per l’economia circolare e politiche per lo sviluppo ecosostenibile al ministero delle Imprese e del Made in Italy, è stato nominato di recente coordinatore del tavolo nazionale per le materie prime critiche.

Vigna ha sottolineato le opportunità di una nuova regolamentazione dell’eco design e la necessità di armonizzazione delle regole ESG sulle materie prime. Va cambiata anche la legislazione sulle miniere e l’estrazione, che andrebbe maggiormente centralizzata riducendo i poteri locali.

Materie prime e transizione ecologica

In sintesi la situazione è molto complessa. L’Europa ha bisogno di materie prime che non ha per poter portare avanti la transizione ecologica.

Sempre su Il Sole 24 Ore leggiamo che: “La domanda di materie prime minerali (litio, nichel, rame, magnesio, titanio, gallio, germanio, terre rare e iridio) è destinata ad aumentare sensibilmente come conseguenza dal graduale abbandono delle tecnologie fossili a favore di nuovi processi di trasformazione”.

Secondo le stime dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE), per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, la domanda di materie prime critiche potrebbe aumentare di sette volte tra il 2020 ed il 2040 nel settore delle terre rare e di ben 42 volte per il litio. Anche l’Agenzia tedesca per le risorse minerarie (DERA) prevede che presto saranno necessarie quantità di litio fino a sei volte superiori rispetto alle quantità dell’attuale estrazione globale.

Nell’estrazione e nella lavorazione dei metalli, l’Europa, e la Germania con essa, sono fortemente dipendenti da alcuni Paesi: oltre l’80% delle terre rare viene estratto o lavorato in Cina, mentre il Sudafrica e la Russia detengono una posizione dominante (quota di mercato pari all’80%) nell’estrazione di platino e palladio, utilizzati per la produzione di convertitori catalitici.

Il problema è che non è facile estrarre e lavorare materie prime critiche. Notevole è anche l’impatto ambientale di queste lavorazioni. Per questo la dipendenza da alcune nazioni che hanno nel loro sottosuolo queste materie prime è e resterà alta. L’abbandono dei fossili non ci renderà meno dipendenti da Paesi terzi, anzi la transizione ecologica aumenterà a dismisura la domanda di materie prime che anche se fossero nel nostro sottosuolo avremmo difficoltà ad estrarre.

Chi sogna un’Europa più green dovrà presto o tardi fare i conti con l’approvvigionamento. Un problema quest’ultimo che difficilmente verrà risolto dall’Ue, seppur animata dalle migliori intenzioni.

Salvatore Recupero

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