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Sorpresa, i Paesi dell’Africa orientale crescono nonostante la crisi economica globale

by Giuseppe De Santis
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Roma, 5 giu – L’aumento dei prezzi delle materie prime e gli alti tassi di inflazione stanno avendo effetti negativi anche in Africa, ma a sorpresa nonostante questo per diverse nazioni del continente nero le previsioni di crescita rimangono buone. Di recente la Banca Africana di Sviluppo ha pubblicato un rapporto riguardo le previsioni di crescita per il 2022 e il 2023 dei Paesi dell’Africa orientale. Vediamoli di seguito.

L’Africa orientale cresce nonostante la globale crisi economica 

I risultati sono piuttosto sorprendenti. Per il 2022 il Ruanda dovrebbe avere un tasso di crescita del Pil del 6,2% al pari della Repubblica Democratica del Congo, il Kenya dovrebbe crescere del 5,9%, il Sud Sudan del 5,3%, la Tanzania del 5%, l’Uganda del 4,6% e il Burundi del 3,6%

Certo sarebbe facile pensare che questi tassi di crescita siano una naturale conseguenza del recupero avuto dopo la recessione del 2020, causata dal Covid. Ma non è propriamente così, visto che anche per il 2023 la Banca Africana di Sviluppo traccia un quadro più che roseo dell’Africa orientale.
Nel 2023 la nazione che registrerà la crescita più alta sarà il Ruanda, con un tasso di crescita del 7,9%, seguito da Sud Sudan e Repubblica Democratica del Congo che cresceranno del 6,5%. Poi l’Uganda con un +6,2%, il Kenya (+5,7%), la Tanzania (+5,6%) e il Burundi (+4,6%).

I fattori della crescita

Son diversi i fattori dietro a questi alti tassi di crescita. Mentre Sud Sudan e Repubblica Democratica del Congo traggono beneficio dagli alti prezzi del petrolio e di minerali come rame e cobalto, il Ruanda, non avendo grandi giacimenti di materie prime, deve la sua crescita alle politiche orientate a stimolare l’agricoltura e l’alta tecnologia. Mentre l’Uganda sta per iniziare l’estrazione di petrolio e punta sulla costruzione di un oleodotto che passa per la Tanzania, Paese che a sua volta sta ottenendo vantaggi dalla costruzione di infrastrutture che permettono a nazioni come Uganda, Burundi e Repubblica Democratica del Congo di poter esportare le loro materie prime tramite i suoi porti.

Giuseppe De Santis

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1 commento

fabio crociato 5 Giugno 2022 - 7:54

Il capitalismo saccheggiatore dove trova predisposti i vasi comunicanti… dirompe idraulicamente!

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