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Se Washington rilocalizza, Bruxelles continua a fischiettare

by Filippo Burla
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politica industriale

Quasi 740 miliardi di dollari, di cui 391 (grossomodo 360 miliardi di euro) destinati a rivoluzionare – quando non a rifondare da zero – le filiere produttive. È questa la magnitudo dell’Inflation reduction act, noto alle cronache anche come Ira, il piano varato di recente da Washington con l’obiettivo di tornare ad affrontate seriamente il tema della politica industriale. Ciò di cui dall’altra sponda dell’Atlantico, vale a dire nell’Unione europea, si fa persino fatica a parlare.

Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di maggio 2023

La logica alla base dell’Ira muove da un presupposto reso evidente dalla crisi pandemica e successiva ripresa a singhiozzo, stretta tra i lockdown intermittenti della Cina – dal sapore di guerra commerciale condotta con altri mezzi – e conflitto in Ucraina: le cosiddette «catene del valore», esasperate in lunghezza su scala globale, di fatto non reggono più. Si impongono dunque strategie nuove, volte ad accorciarle per riportare pezzi di produzione verso il «centro»: vuoi in nazioni considerati più affidabili (friendshoring), vuoi direttamente in patria (reshoring).

Ue bocciata in politica industriale

Da qui la necessità di massicci investimenti, che gli Stati Uniti hanno deciso di orientare soprattutto verso il comparto energetico: dal nucleare all’efficientamento, passando per la produzione di veicoli elettrici per finire con un occhio di riguardo verso la decarbonizzazione. Il tutto a una condizione: che la mole quasi mai vista di sussidi vada a finanziare produzioni dislocate sul territorio nordamericano. Non necessariamente da parte di società a stelle e strisce: tempo poche settimane dall’annuncio dell’Ira e numerose realtà, specie del Vecchio continente, hanno già iniziato a ragionare sull’opportunità di trasferirsi oltreoceano. È il caso ad esempio di Volkswagen, che negli Usa produrrà batterie, mentre Bmw sta pensando di aprire sempre da quelle parti un sito di assemblaggio. Il fatto che due «campioni» della manifattura europea abbiano, almeno nel breve-medio termine, scelto gli Usa, dà la cifra dello stato comatoso in cui versa l’industria del Vecchio continente. C’è voluto l’Ira perché la sonnacchiosa Bruxelles si svegliasse, tentando un improbabile rilancio per compensare la pioggia di miliardi messi sul piatto dalla Casa Bianca. Una pioggia di miliardi vera, non come la partita di giro del Next generation Eu. Una tempesta di investimenti rispetto alla quale l’Ue ha scelto di…

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