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Quanto costerà il Recovery Fund ai nostri Titoli di Stato?

by Filippo Burla
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titoli di stato, italiani

Roma, 2 giu – Con l’approvazione della decisione sulle risorse proprie da parte di tutti i 27 Stati membri l’Unione Europea può dare il tanto agognato via libera al Next Generation Eu. E’ sulla scorta di tale ratifica, infatti, che Bruxelles è autorizzata ad andare sui mercati e reperire i fondi necessari. Parliamo di 750 miliardi di euro: questa la dotazione del dispositivo ai più noto come Recovery Fund. Il quale, tuttavia, rischia di pesare – e non poco – sui corsi dei nostri Titoli di Stato. Aggiungendo anche questo al carico della marea di condizioni-capestro da commissariamento de facto.

Come impatterà il Recovery Fund sui nostri Titoli di Stato

C’è un nuovo giocatore in campo. Si chiama Unione Europea e promette, dall’altro della sua tripla A, di fare incetta di fondi. E’ successo con il primo dispositivo anti-pandemico: nell’autunno scorso, le emissioni relative al finanziamento del Sure videro il collocamento titoli decennali (con domanda a multipli dell’offerta) a tasso negativo. Quasi una pacchia, non fosse per l’effetto domino. Già allora, infatti, si avvertì più di qualche scossetta sullo spread. Roba da pochi punti base, certo, ma il movimento fu assolutamente percettibile.

Cosa accadrà adesso ai Titoli di Stato italiani con le emissioni per il Recovery Fund? La domanda non è peregrina. Per il Sure erano in programma meno di 100 miliardi (oltre 60 piazzati nei mesi scorsi). Il Next Generation Eu vale più di 7 volte tanto. Il rischio è quello di generare una corsa verso i titoli comunitari, allontanando gli investitori dai nostri che dovranno dunque offrire rendimenti in aumento per risultare più appetibili.

Si chiama, in gergo, effetto “spiazzamento” e il suo costo si può persino quantificare. Un incremento di una decina di punti base (sull’intera curva dei rendimenti) vale, all’incirca, un miliardo in più di oneri per il servizio del debito. Un sovraccarico per l’ennesima volta ascrivibile a Bruxelles, che dall’alto del suo altruismo lo scorso aprile si poneva il dubbio di non confliggere con le emissioni nazionali. Accadrà comunque. Come se per l’abborracciato piano comunitario non spendessimo già abbastanza.

Filippo Burla

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