Roma, 2 apr – Meglio tardi che mai. Anche se i buoi sono ormai già lontani, lontanissimi dalla proverbiale stalla le cui porte sono state lasciate aperte, spalancate allo smantellamento dei diritti sociali. E così, i sindacati si ricordano della legge Fornero, dei lavoratori, della precarietà, della previdenza e scendono in piazza in difesa di quanto è stato tolto in questi anni che vanno dal governo tecnico agli esecutivi non eletti.
“Andremo avanti finchè non schioderemo il governo”, spiega da Roma il segretario della Cisl, Annamaria Furlan, che spiega come la legge Fornero abbia “alzato di sei-sette anni l’eta pensionabile dei lavoratori e delle lavoratrici. Migliaia di persone si sono trovate senza lavoro e senza pensione”. Ben arrivata, anche se con cinque anni di ritardo. I sindacati sembrano sentirsi mancare un po’ la terra sotto i piedi: in tutto questo tempo la Lega Nord è stata forse l’unica a battagliare contro i continui scippi ai danni dei lavoratori, mentre i rappresentanti dei lavoratori (o sedicenti tali) dimostravano un’acquiescenza molto vicina all’ignavia. Rimarrà nella storia, ad esempio, l’atteggiamento di alcuni ex Cgil, seduti fra i banchi della maggioranza, che un giorno manifestavano contro il Jobs Act e il successivo votavano a favore della riforma. Non c’è da meravigliarsi se la “triplice” è in caduta libera di iscritti (la sola Cgil ha perso dal 2014 al 2015 qualcosa come 700mila tessere), principalmente giovani e precari, mentre aumenta la quota dei pensionati.
Ecco spiegato, allora, il perché del focalizzarsi su una specifica categoria, lasciando quasi perdere le altre. “Ci possono essere varie proposte – continua la Furlan – come ad esempio combinare contributi ed età anagrafica o stabilire che dopo 41 anni di contributi si può andare in pensione”. E ancora: “Non se ne può più che ogni volta che il Paese ha bisogno di risorse si incide sui lavoratori: ci sono 150 miliardi di evasione fiscale e 50 di costi della corruzione. Qualcuno deve trovare le risorse per fare andare in pensione ad una età decente”.
Filippo Burla