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Fisco: i conti correnti finiscono sotto la lente dell’Agenzia delle Entrate

by Salvatore Recupero
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controlli-sui-conti-correnti-thumb-990x660-50450[1]Roma, 2 apr – Giovedì scorso è stata una giornata cruciale nella storia del nostro sistema fiscale. Dal 31 marzo 2016 tutti i dati relativi a conti correnti, carte di credito, investimenti, depositi, dovranno essere trasmessi dalle banche, dalle poste e dagli intermediari finanziari all’anagrafe dei rapporti finanziari. Non si tratta più, come successo fino ad oggi, solo del saldo annuale, bensì delle giacenze medie e dei movimenti effettuati durante il corso dell’anno.

Vediamo meglio come nel concreto funzionerà questo nuovo strumento. Con il nuovo sistema di interscambio dati, per gli amici Sid, l’Agenzia delle Entrate recepisce le comunicazioni di tutti gli istituti di credito, e li mette a confronto con i redditi dichiarati dai contribuenti. Il fine è quello di scovare eventuali asimmetrie tra il reddito dichiarato e le spese sostenute. In pratica tutte le volte che gli italiani useranno la loro carta di credito è meglio che conservino lo scontrino. Tutto ciò che faranno potrà essere usato contro di loro. E se la zia generosamente regala qualcosa al nipotino farà bene a recarsi da un notaio se non vuol inguaiare i genitori.

Ha ragione, dunque, il presidente del centro studi della Cgia di Mestre Paolo Zabeo che ha affermato: “Adesso ci sono tutte le condizioni affinché l’evasione venga contrastata e ricondotta a dimensioni più accettabili, favorendo coloro che non vogliono e non possono evadere le tasse. Ovvero, la stragrande maggioranza dei contribuenti italiani”. La Cgia ricorda che nel 2015 il Fisco ha effettuato oltre 514.000 interventi di controllo su scontrini, ricevute, fatture e sui documenti di trasporto delle merci. Tuttavia, il problema dell’infedeltà fiscale nel nostro Paese rimane. Inoltre la Cgia elenca ha individuato alcuni provvedimenti che attualmente sono a disposizione del fisco per contrastare efficacemente l’evasione.

Vediamoli nel dettaglio: abolizione del segreto bancario, studi di settore, blitz contro la mancata emissione di scontrini e ricevute, redditometro, spesometro, Serpico (super cervellone che registra decine di migliaia di informazioni al secondo per mettere a confronto dichiarazioni dei redditi, polizze assicurative, informazioni del catasto, del demanio, della motorizzazione, etc.), metodologie di controllo delle Pmi e dei lavoratori autonomi, limite all’utilizzo dei contanti fino a 3.000 euro, utilizzo del Pos per le transazioni commerciali, fattura elettronica, reverse charge.  Come si può notare manca solo il microchip sottocutaneo!

Sull’abolizione del segreto bancario si è già detto. Passiamo, quindi, agli studi di settore. Si tratta di strumenti statistici con i quali il Fisco verifica la correttezza dei profitti dichiarati dai singoli contribuenti confrontandoli con il settore di appartenenza ed il contesto economico più generale. Gli studi di settore sono quindi utilizzati per effettuare accertamenti induttivi in quattro aree economiche: commercio, servizi, manifattura, professionisti. In pratica la statistica decide quanto guadagna il contribuente e in base a questa stima deve pagare le tasse. E meno male che nel nostro ordinamento vige il principio della non colpevolezza.

Ma il grande fratello fiscale non si ferma certo qui. Aggiungiamo a queste forme di controllo anche il redditometro, ovvero la ricostruzione del reddito totale del contribuente italiano partendo dalle spese sostenute, e lo spesometro, in altre parole le operazioni rilevanti ai fini IVA.

Il Fisco, inoltre, può contare anche su Serpico. Si tratta di una grande banca dati che raffronta le diverse informazioni tributarie per scovare gli evasori. Non parliamo di immobili di lusso  o di velieri, le informazioni che raccoglie Serpico riguardano “dichiarazioni dei redditi, Iva e Irap; le situazioni relative alla riscossione delle tasse e delle imposte; gli immobili; i veicoli; i rapporti bancari e finanziari; i dati inerenti i contratti di fornitura dell’energia elettrica, dell’acqua, del gas, del telefono”. Se questo non basta aggiungiamo le ultime due forme di controllo fiscale figlie della rivoluzione digitale: la fattura elettronica e la reverse change. Il governo punta ad un’incentivazione dell’utilizzo della fattura elettronica. Per ora è obbligatoria solo nei rapporti con la Pubblica Amministrazione ma si intende allargarla anche nei rapporti tra aziende. Inoltre è obbligatorio il reverse charge IVA o inversione contabile che punta a cancellare l’evasione dell’imposta sul valore aggiunto. In base a questo criterio è il cliente ad integrare la fattura con l’indicazione dell’ IVA e a versarla all’erario.

And last but not least, i pagamenti in contanti e il Pos. Ossia, il limite massimo di utilizzo del contante è stato fissato da quest’anno a 3mila euro. Oltre a tale soglia occorre fare uso di altre forme di pagamento. Sempre in quest’ottica di lotta all’evasione, dal 2014 è obbligatorio l’utilizzo del POS da parte di lavoratori autonomi e imprenditori: questi ultimi devono poter far pagare i clienti tramite carta di debito, ovvero la carta PagoBancomat, qualora venga loro richiesto.

Gli evasori, dunque, hanno le ore contate? Non proprio. Infatti, nonostante l’agenzia delle entrate abbia tutti questi strumenti, riesce a portare a casa risultati assai modesti. Questo, almeno è quello che sostiene Luciano Dissegna, ex dirigente dell’agenzia delle entrate, che oltre a denunciare i metodi estorsivi del fisco, rileva come questi strumenti di controllo siano scarsamente efficaci. Un sistema, questo, che distrugge le imprese, ma non apporta il ben che minimo beneficio alla collettività. Vediamo perché. Intanto, quasi tutti gli accertamenti fiscali vengono contestati davanti ai giudici tributari competenti che ne annullano circa la metà. Per difendersi i contribuenti incontrano costi pari al 20% del valore delle cause. Trasferendo ingenti risorse dall’economia reale a quella virtuale fatta di accademici e professionisti che si arricchiscono in questo guazzabuglio fiscale. Inoltre, i soldi che vengono chiesti ai presunti evasori in sostanza non ci sono. Infatti, i crediti totalmente inesigibili di Equitalia (organo di riscossione dell’Agenzia delle Entrate), pari a ben 601 miliardi di euro.

Nonostante ciò, ci conviene sperare che la lotta contro l’evasione fiscale ottenga i risultati sperati. In caso contrario, l’ultimo strumento che rimane al fisco per scovare i beni degli evasori è la colonscopia. E allora sì, che saranno dolori.

Salvatore Recupero

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1 commento

Martino 3 Aprile 2016 - 11:33

Farò tutto il possibile per non dare soldi a questi parassiti.

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