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Addio al Principe Filippo: quasi 100 anni di humour politicamente scorretto

by Ilaria Paoletti
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Principe Filippo

Londra, 9 apr – Il Principe Filippo, consorte della monarca Elisabetta II di Windsor, ci ha salutati. E con lui se ne va uno degli ultimi recessi di quella Gran Bretagna stile coloniale, altera, sprezzante, anche un po’ razzista, che ha dovuto per forza e per sopravvivere adattarsi alle nuove sensibilità. Lui, però, il gusto per la battuta fuori dai denti, non l’ha perso fino all’ultimo.

Il Principe Filippo, altro che gaffe

In fondo, sebbene fosse “solo” il Principe consorte, Filippo era pur sempre un Mountbatten, principe di Grecia e Danimarca, mica pizza e fichi. Si sentiva quindi in diritto di poter giudicare in modo tagliente gli altri, quantomeno per ragioni dinastiche. E se ciò può apparirci profondamente datato e antidemocratico, possiamo almeno convenire sul fatto che lo rendesse libero di esprimere la sua verve comica più scorretta.

I Russi? “Quei bastardi”

Indimenticabile, ad esempio, quando nel 1967 (piena Guerra Fredda) qualcuno chiese al Principe Filippo se avrebbe mai visitato l’Unione Sovietica. Alché lui rispose: “Mi piacerebbe molto andare in Russia, anche se quei bastardi hanno ammazzato metà della mia famiglia” (la nonna paterna di Filippo era Olga Konstantinovna di Russia).

Tom Jones e il siparietto con Elton John

Difficili i rapporti anche con le star della musica pop: nel 1969, al termine di una esibizione davanti al principe Filippo e alla Regina, il cantante Tom Jones fu definito il “gallese dalla voce d’acciaio”. Il sovrano gli domandò: “Con cosa fai i gargarismi? Con i ciottoli?”. Non andò meglio a Elton John che negli anni Settanta comprò la sua squadra di calcio del cuore, il Watford. Comprò persino un’auto che aveva gli stessi colori sociali della maglia: “Comprai un’Aston Martin, la feci verniciare con i colori del Watford – giallo con una striscia verticale rossa e nera – e cominciai a usarla per seguire la squadra in trasferta; vettura presidenziale, la chiamavo. Non mi ero reso conto di quanto attirasse l’attenzione finché non mi presentarono il principe Filippo. Stavamo chiacchierando garbatamente, quando all’improvviso cambiò argomento. ‘Lei abita vicino al Castello di Windsor?’, mi chiese, ‘Ha visto per caso quel maledetto idiota che se ne va in giro con un amacchina spaventosa, giallo chiaro con una striscia ridicola? Lo conosce?’. ‘Sì, Altezza. Sono io’. ‘Sul serio?’. Non era particolarmente sorpreso, anzi, sembrava contento di aver trovato l’idiota in questione per potergli elargire i suoi consigli. ‘Che diavolo le è venuto in mente? Ridicolo. Fa la figura del cretino. Se ne liberi“.

Un papà … “amorevole”

Il rapporto del Principe Filippo con la famiglia anch’esso è stato costellato di battute graffianti – da molti bonariamente definite gaffe. Nel 1974 fu sventato un piano per il rapimento della figlia Anna che lui commentò così: “Se quell’uomo fosse riuscito a rapire Anna lei gli avrebbe fatto passare l’inferno durante la prigionia”. Nell’88, invece, gli fu sottoposto dal figlio Andrea duca di York il progetto della casa che avrebbe fatto allestire per andarci a vivere con la moglie Sarah Ferguson. Lui non gradì: “Sembra la stanza di una prostituta”.

Il razzismo? Roba di “altri tempi”

Il razzismo (vero o solo parte di un senso dell’umorismo di “altri tempi”) del Principe Filippo è leggendario. Nel 1984 accompagnò Elisabetta in un viaggio ufficiale in Kenya e dopo aver accettato da una donna locale un dono, Filippo si accertò: “Sei una donna, vero?”. Nell’86, nel corso di un incontro del Wf, disse dei cinesi: “Se ha quattro gambe e non è una sedia, se ha due ali e vola ma non è un aeroplano, e se nuota e non è un sottomarino, i cantonesi se lo mangeranno“. Ci ricascò ancora nel 1986: durante una visita ufficiale in Cina, incontrando un gruppo di studenti inglesi, li “avvisò”: “Se rimarrete qui, vi verranno gli occhi a mandorla”. Ospite alle Isole Cayman, il principe Filippo chiese a un ricco uomo d’affari locale qualcosa di un po’ indelicato: “La maggior parte di voi discende dai pirati, vero?”. Memore forse dei racconti di avventura vecchio stampo che lo avevano cresciuto, quelli in cui gli esploratori bianchi finiscono cucinati dai “selvaggi”, nel 1998 Filippo chiese a uno studente che aveva appena terminato un viaggio in Papua Nuova Guinea: “Quindi sei riuscito a non farti mangiare?”.

E quando visitò l’Italia …

Le battute del Principe Filippo sono entrate nella storia, anche se dalla porta del retro. In fondo, il suo compito era quello di supportare pubblicamente e non, la vera monarca, sua moglie Elisabetta II. Poteva interpretare l’algido elemento comico: in fondo, anche nelle fattezze e nel savoir faire, ricordava John Cleese dei Monty Python. Un ultimo ricordo da elencare è certo quello risalente al 2000, quando il Principe Filippo era in Italia con la signora. L’allora presidente del Consiglio Giuliano Amato gli mostrò e offrì una serie pregiatissimi vini italiani. Con la consueta indelicatezza e britishness, Filippo tagliò corto: “Datemi una birra, non mi interessa quale, basta che sia birra!”.

Ilaria Paoletti

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