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Gli antirazzisti abbattono la statua della “bella creola” Giuseppina Bonaparte (Video)

by Eugenio Palazzini
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Giuseppina Bonaparte, Martinica

Roma, 28 lug – La “bella creola”, così come fu soprannominata in Francia, vittima della furia antirazzista. Un episodio di stolta iconoclastia che la dice lunga sull’ignoranza di certi personaggi in preda a una spasmodica ricerca di monumenti da abbattere. A Fort-de-France, nella Martinica francese, un gruppo di manifestanti locali ha distrutto due statue da loro considerate simboli del passato coloniale della madrepatria. Dopo aver abbattuto la statua di Victo Schoelcher, il 22 maggio scorso, i Black lives matter delle Piccole Antille si sono scagliati contro le sculture del filibustiere Pierre Belain d’Esnambuc e di Giuseppina Bonaparte, prima moglie di Napoleone. Scoelcher, tra parentesi, fu colui che da sottosegretario alla Marina e alle Colonie decretò l’abolizione della schiavitù nel 1848.

Giuseppina razzista?

Giuseppina di Beauharnais, che in realtà si chiamava Marie Josephe Rose, fu invece a lungo osteggiata in Francia per via delle sue origini esotiche che diedero vita a una serie di congetture. Si narra tra l’altro che passasse le sue giornate in compagnia di Marion, amata nutrice mulatta, e amasse giocare sovente con i figli degli schiavi. Eppure ormai le contraddizioni degli iconoclasti à la page vengono a galla di continuo, a tal punto che è quasi inutile rimarcarle. La statua di Giuseppina Bonaparte, peraltro già decapitata durante un’azione dimostrativa nel 1991, è stata rimossa dal piedistallo e gettata in terra. Dopodiché i prodi manifestanti l’hanno ricoperta di foglie di palma e data alle fiamme.

“Condanno questa distruzione, azione inammissibile di una minoranza violenta”, ha dichiarato il prefetto della Martinica, Stanislas Cazelles. Ma pochi minuti dopo la distruzione della statua della prima moglie di Napoleone, gli antirazzisti del posto hanno abbattuto e sfigurato a martellate anche la scultura di Pierre Belain d’Esnambuc. La testa di quest’ultima statua è stata gettata nel cortile della prefettura.

Eugenio Palazzini

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