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Gaza: sale il bilancio dei morti. Ma il peggio potrebbe arrivare oggi

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Gaza City, 15 mag – Nel giorno della Nakba, catastrofe per i palestinesi cacciati dalle loro terre il 15 maggio del 1948, si teme un altro bagno di sangue dopo quello che ha macchiato la Striscia di Gaza il giorno del trasferimento dell’ambasciata americana a Gerusalemme. Quelli di ieri sono stati gli scontri più pesanti tra Hamas e Israele dal 2014: 59 morti e quasi 3mila feriti è il bilancio del massacro di ieri. Gli scontri tra manifestanti palestinesi ed esercito israeliano sono stati mostrati da fotografi e telecamere di tutto il mondo in contrapposizione ai volti sorridenti e festanti di Ivanka Trump, di suo marito Jared Kushner e del premier israeliano Benjamin Netanyahu che a Gerusalemme inauguravano la nuova sede dell’ambasciata. Così come sono state diffuse le foto degli ospedali di Gaza, completamente al collasso, e con le sale operatorie che erano quanto di più simile a una macelleria. Sangue ovunque. Oggi si teme che gli scontri si facciano ancora più violenti.
Tra i morti anche una bambina di otto mesi, che ha respirato i gas lacrimogeni lanciati a caso dall’esercito israeliano sui palestinesi. E poi molti ragazzini minorenni. Tutte persone definite da Jared Kushner, genero del presidente americano Donald Trump, come “parte del problema”.
La rabbia palestinese, che secondo molti testimoni diretti non era così accesa da oltre trent’anni, non si sfoga a Gerusalemme, dove ormai vige un senso di rassegnazione, ma un centinaio di chilometri più a ovest in quel fazzoletto di terra con la più alta densità di popolazione al mondo. Il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Abu Mazen ha definito quello di ieri un massacro, ha indetto per oggi uno sciopero generale e tre giorni di lutto nazionale rifiutando qualsiasi mediazione che possa arrivare da Washington. Dal canto suo Netanyahu ha parlato di operazione terroristica riferendosi alla mobilitazione indetta da Hamas per manifestare contro il trasferimento dell’ambasciata americana a Gerusalemme. Una scelta operata da Trump che mette la parola fine alla soluzione dei due popoli e due stati.
Per timore di un espandersi delle violenze fuori dalle zone più direttamente interessate, gli Stati Uniti hanno dispiegato i marines a protezione delle ambasciate Usa in Giordania, Turchia e Israele. Ulteriori rinforzi potrebbero essere dislocati anche in altri Paesi come Libano, Egitto e Pakistan.
Anna Pedri
 

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3 comments

blackwater 15 Maggio 2018 - 1:39

su Gerulasemme temo che non ci troviamo;
Gesù Cristo, a mio avviso e SENZA VOLER OFFENDERE NESSUNO mi è sempre sembrato uno del PD rispetto alla rigorosa dottrina giudaica assolutamente monoteista di un Dio unico che ha almeno un migliaio di anni in più rispetto allo stesso;
in seguito, circa SEI SECOLI DOPO la nascita di Cristo viene fuori questo Maometto (una figura assai distante dai precetti del Crostianesimo,tra l’altro) e con lui PURTROPPO i musulmani trovano storia ed esegesi comune (praticamente ai tempi della Natalità di Cristo,con buona paxce di Crozza il comico,non esistevano nemmeno…erano al massimo delle tribù nomadi sparse,i classici beduini per intenderci);
ora….qualcuno dovrà spiegarmi quale pretesa possano avanzare quindi i Musulmani su Gerusalemme quando la loro stessa religione è posteriore di almeno 600 anni,NON rispetto al Giudaismo ma al solo Cristianesimo.
tutto qui.

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filospinato 15 Maggio 2018 - 6:04

la pace in medio oriente è materialmente una lega composta da arabi ed ebrei, termicamente fusi, insieme

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cenzino 15 Maggio 2018 - 8:20

Non sono particolarmente a favore dei palestinesi e nemmeno degli israeliani ebrei, ma questo sig. Fadi merita il rispetto che si riserva ad un Uomo.

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